giovedì 1 maggio 2008

Fine dell'antifascismo











Le Monde 1.5.08
Fine dell'antifascismo

[articolo originale qui]

L’arrivo di Gianni Alemanno al Campidoglio costituisce una grande novità nella storia della Repubblica italiana. Non è di certo la prima volta che il più alto magistrato della Città eterna appartiene alla destra. Si dovette aspettare il 1993 e l’elezione di Francesco Rutelli, candidato sfortunato di quest’anno, perché la sinistra vincesse contro la Democrazia Cristiana. Ma, dalla caduta di Mussolini, nel 1943, i sindaci di Roma provenivano tutti dal cosiddetto “arco costituzionale”, cioè le parti che hanno partecipato alla Resistenza e alla fondazione, nel 1946, della Repubblica. Il ventaglio andava dai democristiani ai liberali, socialisti e comunisti.

M. Alemanno non appartiene a questa famiglia. E’ un ex-dirigente delle gioventù del Movimento Sociale Italiano (neofascista), che, per diversi anni, ha radunato i nostalgici del Duce e i loro eredi. Il nuovo sindaco di Roma ha senza ombra di dubbio seguito il suo capo, Gianfranco Fini, nel suo cammino verso la rispettabilità repubblicana, che lo ha fatto passare dalla venerazione degli emblemi mussoliniani ad un posto al Ministero. Deve la sua vittoria non tanto alle sue vecchie convinzioni ideologiche quanto alla fragile mobilitazione della sinistra, evidenziatasi dalla sconfitta alle recenti elezioni legislative.

Una tradizione che però rimane intatta al momento stesso in cui, il 25 aprile, l’Italia celebrava, come ogni anno, la sua Liberazione. E, come ogni anno, questa festa ha dato luogo a polemiche tra una sinistra che fa fatica a disfarsi dei miti della Resistenza e una destra berlusconiana che, accanita a denigrare la sinistra e ad intaccare la legittimità storica di essa, porta fino a riabilitare i “bambini sperduti” del post-fascismo.

Con il ritorno di Silvio Berlusconi al potere, l’elezione al comune di Roma di un ex-neofascista e la comparsa al Parlamento di due partiti che pretendono superare la tradizionale scissione sinistra-destra, un periodo della storia italiana si chiude del tutto. Quella in cui, al di là delle rivalità partigiane, l’antifascismo era il cemento della società politica. Sessantacinque anni dopo la caduta di Mussolini, è inevitabile e, forse, auspicabile, a condizione che l’assenza di coscienza storica non sostituisca il mito.

(traduzione dal francese a cura di Corinne Lebrun)

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