venerdì 13 novembre 2009

La riforma giudiziaria di Berlusconi farà archiviare migliaia di casi












El País, 13.11.09


[articolo originale di Miguel Mora qui]


Il parlamento italiano ha vissuto ieri un'altra giornata tra il buffo e il drammatico. Mentre un'unità medica realizzava analisi antidroga ai deputati che lo richiedessero - novità introdotta dalla maggioranza per dare l'esempio -, i colleghi del Senato si sollazzavano con la nuova legge su misura di Silvio Berlusconi.

L'ultima trovata salva premier si chiama disegno di legge del Processo Breve, contiene solo tre articoli ed è stato presentato ieri a tutta birra, dopo 48 ore di lavoro febbrile nelle quali il sacrificato avvocato personale del premier, Niccolò Ghedini, ha potuto a malapena dormire. I giudici italiani calcolano che la nuova legge farà annullare 100.000 processi in corso.

La norma prevede che nessun processo penale, civile o amministrativo possa durare più di sei anni. Due anni per ogni grado di giudizio. Si applicherà ai crimini che prevedono pene di meno di dieci anni di carcere. Questi verranno automaticamente annullati se il giudice non emette una sentenza nei 24 mesi a partire dall'apertura del processo da parte dell'accusa.

La nuova legge, che la maggioranza conservatrice giustifica con l'obiettiva e insopportabile lentezza della giustizia italiana, si applicherà solo agli imputati che non siano stati condannati precedentemente. Tranne in un caso. Come richiesto dalla Lega Nord, che alla fine ha appoggiato la legge, gli stranieri accusati di immigrazione illegale, crimine punibile con una multa, non avranno diritto al processo breve. Verranno quindi messi sullo stesso piano degli imputati per mafia o terrorismo.

Presentato come un servizio di utilità pubblica, il disegno di legge causerà cambiamenti di proporzioni colossali, come avvisano l'opposizione e l'Associazione Nazionale Magistrati (ANM). Questa ha parlato della "probabile incostituzionalità" della norma e ha annunciato che avrà "effetti devastanti per il funzionamento della giustizia penale". La legge farà scattare di fatto la "depenalizzazione" di molti reati gravi e fornirà "impunità" alla gran maggioranza di reati di colletto bianco.

Le conseguenze per Berlusconi sono che i suoi processi in corso moriranno senza condanne: il caso Mills (in cui è accusato di corruzione) e il caso Mediaset (frode fiscale) sono iniziati nel 2005 e 2006, rispettivamente. Siccome per entrambi non c'è ancora stata una sentenza, questi sarebbero subito annullati. Decine di migliaia di altri processi, avvisano i giudici, li seguirebbero nel limbo.

La ANM ha elencato i reati che di fatto resteranno impuniti, perché sarà materialmente impossibile emettere una sentenza entro le nuove scadenze: "Abuso di ufficio, corruzione in sede giudiziaria, rivelazione di segreti ufficiali, truffa semplice e aggravata, frode comunitaria, frode fiscale, falso in bilancio, bancarotta fraudolenta, intercettazioni illecite, reati informatici, vendita di prodotti falsificati, traffico di rifiuti, vendita di prodotti pirata; sfruttamento della prostituzione, falsificazione di documenti pubblici, calunnia e falsa testimonianza, lesioni personali, omicidio per errore medico, maltrattamenti familiari, incendio, aborto clandestino".

Il nome della legge, chiamata Gasparri-Quagliarello per i senatori che la firmano, potrebbe essere "pagano i deboli, si salvano i ricchi". Anche giuristi vicini alla destra, come Antonio Baldassarre, si sono mostrati perplessi:" È (una legge) incostituzionale e vergognosa, mi sento soprattutto deluso in qualità di cittadino".

Il Partito Democratico ha reagito con furia. Il capogruppo dei senatori, Anna Finocchiaro, ha scagliato il testo contro un muro in conferenza stampa e ha detto: "La norma non si applicherà, per esempio, al furto aggravato. Per uno zingaro che ruba il processo sarà identico, ma casi come la truffa della Parmalat andranno nel cestino dei rifiuti".

Il partito di Berlusconi, il Popolo della Libertà, incalzato dai magistrati che hanno chiesto l'arresto di Nicola Cosentino, segretario di Stato dell'Economia, per complicità con la camorra, non rimane totalmente soddisfatto. Pianifica di approvare anche, tra le altre misure, l'immunità parlamentare.

(segnalato da Carolina)

mercoledì 11 novembre 2009

La coerenza culturale di Berlusconi












El País, 30.10.09


[articolo originale di César García Muñoz qui]

Se c’è una parola che definisce le reazioni fuori dall'Italia per l'atteggiamento dell'opinione pubblica italiana verso Silvio Berlusconi è la perplessità. Non si capisce come sia possibile che un primo ministro con due processi giudiziari in atto, coinvolto in scandali sessuali associati alla prostituzione e anche di droga e con un paese in piena recessione, abbia l'appoggio di almeno la metà dei cittadini.

La logica fa pensare che la colpa di questa si trova nel controllo che esercita sulla televisione pubblica e privata, così come la sua capacità di ostacolare la separazione dei poteri. Tuttavia, anche se certi, questi fattori non sarebbero la causa se non la conseguenza di altri fattori antropologici, così come il rapporto tra il modello mediatico e la cultura politica in Italia.

Alla fine degli anni Sessanta, l'antropologo olandese Geert Hofstede ha dimostrato, attraverso interviste su 100.000 lavoratori della IBM, in 70 paesi in tutto il mondo, il comportamento degli individui nel posto di lavoro è stato in gran parte dovuta a fattori connessi con la cultura.

Successivamente, dalla estrapolazione dei risultati di questa indagine, definisce cinque dimensioni culturali che costituiscono una spiegazione tecnica del motivo per cui alcune culture differiscono dalle altre. Di queste dimensioni si distinguono culture individualistiche o collettivistiche, culture più o meno tolleranti con l’ambiguità o la contingenza, culture più maschili o più femminili, culture in cui la distanza verso i potenti è più o meno marcata, e culture nelle quali gli individui sono più o meno pazienti nel raggiungere i loro obiettivi. Oggi, anche se relativamente poco conosciuto in Spagna, i testi di Hofstede sono studiati da molti dirigenti che vogliono familiarità con le pratiche commerciali in altri paesi.

Certamente, nel caso dell’Italia, due di queste dimensioni culturali diventano rilevanti per spiegare il comportamento di una parte significativa degli italiani verso Berlusconi. Il primo ricade nella mascolinità della società italiana. Mascolinità intesa, non tanto come la parità di generi, ma come la prevalenza di certi valori, che sono visti come maschile sul femminile. Valori considerati maschili sono la sicurezza in se stessi, la fiducia, una certa durezza degli atteggiamenti, il successo o la vittoria, solo per citarne alcuni. Sappiamo qualcosa di questo gli affezionati al calcio che hanno visto come la cosa più importante per i tifosi italiani è vincere,quasi a qualsiasi prezzo. Secondo la classifica di Hofstede, l'Italia sarebbe il quarto paese più maschilista al mondo a molta distancia della Spagna che avrebbe la posizione 38. Probabilmente, il comportamento di Berlusconi incarna in una certa misura la Società italiana, se qualcosa ha caratterizzato la sua carriera è stato quello di vincere a tutti i costi e condurre il mondo con la fiducia che trasudano i vincitori, un aspetto fondamentale da considerare in un la società delle apparenze, come l'italiana.

La seconda dimensione culturale che spiega l'atteggiamento degli italiani verso Berlusconi è il suo atteggiamento verso il potere (power distance). Questo concetto parla in primo luogo in che misura gli italiani concordano sul fatto che le distinzioni di rango, di classe o di status devono concedere privilegi. L'Italia è uno dei paesi d'Europa dove tali differenze sono apprezzate, ma non solo, altri paesi come la Francia o la Spagna la superano su questa dimensione.

Questo atteggiamento deferente verso il potere degli italiani spiegherebbe l’esistenza del diritto di immunità recentemente conquistato dal primo Ministro, inconcepibile in paesi anglo-sassoni o del nord d’Europa, e numerosi altri privilegi di cui gode la classe politica Italia. Per citare due esempi, l’Italia è il paese con il più alto numero di automobili ufficiali del mondo in termini assoluti. Nello stesso modo, in Italia non è raro per i politici continuare e riuscire nelle loro carriere, come il caso di Berlusconi, pur essendo stati coinvolti in scandali di corruzione. Non ci dovrebbe sorprendere pertanto, che la confusione tra pubblico e privato, caratteristica del regime di Berlusconi, non abbia passato fattura come si farebbe in altre società.

In un libro pubblicato di recente in Spagna, Comparazione tra Sistemi Mediatici (2008), Daniel Hallin e Paolo Mancini stabiliscono delle relazioni tra il modello mediatico di ogni paese e della sua cultura politica. L'Italia apparterrebbe al modello Mediterraneo pluralista e polarizzato. Questo modello, di cui la Spagna ne forma parte, è caratterizzato per le accentuate differenze esistenti tra i vari partiti politici. Secondo questi autori, nei paesi dell’Europa meridionale, i mezzi di comunicazione agirebbero più come espressione ideologica e come organi di mobilitazione politica rispetto ad altri paesi occidentali. A differenza di quanto accade nei paesi anglo-sassoni, nei paesi dell’Europa meridionale in generale, i media non giocano con lo stesso livello di rigore il suo ruolo di cani da guardia per la gestione del governo, che spiegherebbe la scarsa tradizione di giornalismo investigativo in questi paesi. Questa polarizzazione ideologica porterebbe all’indifferenza dei politici verso quello che dicono i media non legati ideologicamente. L'assenza di risposte alle accuse di Berlusconi dal giornale La Repubblica, L'Unità o El Pais, ne sono un chiaro esempio. Il Cavaliere è ben consapevole del fatto che sui giornalini di sinistra non ha da dove grattare elettoralmente parlando, e che la stampa è piuttosto una questione di minoranze di fronte alla televisione.

Infine, un altro fattore chiave che contribuisce a spiegare il berlusconismo è l’assenza di un atteggiamento responsabile e cittadino nel confronto di responsabilità al potere. È sintomatico che né in italiano né in spagnolo esista un equivalente preciso alla parola inglese accountability. In Italia o in Spagna non è tanto il cittadino o il contribuente (taxpayer) quello che esige i conti al potere come i partiti politici. Non è quindi strano che Berlusconi, con una sinistra indebolita, non ha sentito la necessità di affrontare la cittadinanza in televisione, come aveva fatto Clinton durante lo scandalo Lewinsky, e si è difeso attaccando i giornalisti e negando tutte le accuse.

Se ci aggiungiamo il controllo che Berlusconi esercita sulle televisioni statali e private, la situazione diventa drammatica. Tuttavia, anche se è chiaro che Berlusconi non è l'Italia, non si deve pensare che il berlusconismo ha come unica variabile la personalità del magnate dei media, ma tutta una serie di radici culturali che fanno possibile che situazioni analoghe possono presentarsi in futuro.

Per quanto riguarda la Spagna, la morale è che bisogna essere molto cauti nel criticare i vicini la cui politica e cultura dei media è molto simile a quella spagnola.

(a cura di P. M.)

giovedì 5 novembre 2009

Un vestito di Halloween "particolare"








Dalla serie 30 Rock

giovedì 29 ottobre 2009

...in Egitto










Attenzione: Dopo aver fatto ascoltare questo brano ad un amico tunisino abbiamo scoperto che si tratta di un fake. Non si parla di nessun presidente italiano, solo degli italiani in generale!






Altri video su come ci vedono all'estero sono disponibili qui

(segnalato da Alessio Zelati)

lunedì 26 ottobre 2009

La stampa estera su Berlusconi: the best of







[Riportiamo questo post di Piero Ricca, aggiungendo il collocamento politico orientativo delle testate da cui provengono questi estratti. Ci sembra che siano rappresentate tutte le posizioni politiche.]

Il governo Berlusconi disonora l’Italia in tutto il mondo.
La stampa estera, di destra e di sinistra, ne denuncia ogni giorno impunità, menzogne, abusi di potere. E continua a domandarci: come fate a tenervi un “premier” così?

  • I metodi di Berlusconi ricordano quelli di Putin… Mostra un disprezzo assoluto delle regole democratiche, è infastidito da ogni manifestazione di opposizione. (Libération, 31 Agosto, sinistra)
  • Il governo Berlusconi è una tragedia per gli italiani, ma la verità sconveniente è che molti di loro hanno votato per lui. Ciò deve servire da monito per gli altri paesi dell’Europa occidentale. (The Observer, 19 Giugno, centro-sinistra)
  • È grave, sorprendente che Berlusconi non sia stato giudicato il peggior amministratore dal 1945. L’Italia sarà l’unico paese europeo con tre anni consecutivi di recessione. (Financial Times, destra)
  • L’aspetto più sgradevole del comportamento di Silvio Berlusconi non è che è un pagliaccio sciovinista. Ciò che è più scioccante è il completo disprezzo con cui egli tratta l’opinione pubblica italiana. (The Times, 31 Maggio, centro-destra)
  • Silvio Berlusconi è stato accusato di corruzione, evasione fiscale e repressione della stampa. Sua moglie lo ha lasciato per le sue frequentazioni con prostitute e le orge nella villa in Sardegna. Fa battute imbarazzanti, è in guerra con il sistema giudiziario italiano, con quasi tutti i giornalisti che non lavorano per lui e con la Chiesa Cattolica. Ma la cosa più interessante è la seguente: gli italiani continuano a votarlo. (The Washington Post, 13 Ottobre, centro-sinistra)
  • Il primo ministro italiano mette a lavoro la sua squadra di avvocati per far passare nuove riforme legislative che impediscano che sia processato. (El Mundo, 13 Ottobre, centro-destra)
  • Quante possibilità di essere ammessa avrebbe oggi l’Italia se presentasse domanda di ammissione all’Unione Europea? L’Europa non può mantenere il silenzio su Berlusconi. (De Volkskrant, 9 Ottobre, centro-sinistra)
  • Dai tempi di Mussolini un governo italiano non interferiva sui media in maniera così eclatante e preoccupante. (The Economist, 1 Ottobre, non schierato)
  • Per l’Italia è arrivato il momento di voltare pagina. Dire “Silvio è ora che te ne vada” è una questione di buon senso. (News Week, 15 Ottobre, centro)

venerdì 23 ottobre 2009

La Battaglia della Rai











Le Monde, 20.10.09


[articolo originale di Daniel Psenny qui]

"Mamma Rai", come la soprannominano gli italiani, sta passando un brutto periodo. Criticata per la sua parzialità, messa sotto pressione dalla politica e strozzata finanziariamente da Silvio Berlusconi da quando è tornato al potere nel 2008, la televisione pubblica cerca, bene o male, di resistere dall'interno. "Attraversiamo il periodo peggiore della nostra storia", spiega Alessandra Mancuso, giornalista del TG1 e membro del comitato di redazione eletto dai giornalisti. "Dal ritorno di Berlusconi, abbiamo sempre meno autonomia e indipendenza", afferma elencando la lunga lista di tutte le omissioni giornalistiche e delle prese di posizione della sua rete in favore del presidente del consiglio.

"Sulla Rai ci sono trasmissioni anti-Berlusconi sette giorni su sette", si difendono i fedeli del Cavaliere che, da sempre, vede la televisione pubblica come un "nido di comunisti". Esattamente come la carta stampata, "controllata all'85% dalla sinistra", secondo Berlusconi, il quale ha fatto causa reclamando 1 milione di euro dai quotidiani La Repubblica e L'Unità per la pubblicazione delle domande sulla sua vita politica e privata. "I media, e in particolare la televisione, sono la sua ossessione", osserva Alessandra Mancuso. "Il problema è che lui controlla direttamente la RAI, a capo della quale ha messo degli uomini di fiducia, oltre al fatto di essere proprietario, insieme alla sua famiglia, di tre reti private".

Televisione pubblica o televisione di Stato? Il problema, in Italia, è noto da anni. Che il potere sia stato in mano alla destra oppure alla sinistra, le relazioni tra i politici e la RAI sono sempre state molto intense. Fino agli anni 90, la Democrazia Cristiana (al potere ininterrottamente dal 1945) si era appropriata di Rai Uno, mentre il Partito Socialista aveva Rai Due; Rai Tre, creata nel 1979, era stata lasciata al Partito Comunista Italiano, e rapidamente soprannominata "Tele Kabul". Questo accordino tra i politici era stato votato in Parlamento sotto il principio della "lottizzazione" per garantire il pluralismo del servizio pubblico. La sparizione di questi partiti, coinvolti nella tormenta della corruzione all'inizio degli anni '90, non ha interrotto il principio della lottizzazione.

I partiti politici in Italia controllano ancora i tre canali pubblici. Ma l'irruzione sulla scena politica di Silvio Berlusconi ha cambiato le carte in tavola. Dopo la sua prima vittoria alle elezioni del 1994, alcune voci a sinistra hanno denunciato il conflitto di interessi ma, da allora, nessun governo è riuscito a regolamentarlo. "È stato un grave errore politico che ora stiamo pagando caro", riconosce Nino Rizzo Nervo, in quota centro-sinistra al consiglio d'amministrazione della RAI. "Tra il 1997 e il 1999, avevamo una maggioranza legislativa per mettere fine a questo conflitto di interessi, ma non ne abbiamo avuto il tempo", prosegue senza essere molto convincente.

Incoraggiato dalla sua grande popolarità, Silvio Berlusconi non ha difficoltà a scagliare violente offensive per il controllo della televisione pubblica. La RAI è diventata il suo giocattolo. Vi nomina dei suoi fedelissimi a capo, interviene nel palinsesto e la strangola finanziariamente decidendo, ad esempio, di non aumentarne il canone, uno dei più bassi d'Europa. Ultimamente, ha anche imposto un'alleanza tra la RAI e il suo gruppo Mediaset per contrastare l'espansione di Rupert Murdoch in Italia. Quando ci sono delle notizie delicate sulla sua vita pubblica o privata - e gli episodi in questi ultimi mesi non sono mancati - il presidente del consiglio si autoinvita in televisione "per spiegarsi". Non su una delle sue reti private (Canale 5, Italia 1 e Rete 4), che mischiano informazione e propaganda, ma sulla RAI, che rappresenta la metà del mercato televisivo. Secondo numerosi studi, il 70% degli italiani si informa tramite la televisione. Il TG1 riunisce ogni giorno 7 milioni di telespettatori e resta una delle principali fonti di informazione degli italiani.

"Buon compleanno! Qui siete a casa vostra" gli ha detto, senza ironia, il presentatore del giornale del mattino di RAI uno, il giorno in cui Berlusconi ha compiuto 73 anni. Mercoledì 7 ottobre, appena poche ore dopo la sentenza della Corte Costituzionale che gli ha tolto l'immunità giudiziaria, il premier ha telefonato alla trasmissione "Porta a Porta", su RAI Uno, dove il conduttore Bruno Vespa lo accoglie sempre a braccia aperte. Denunciando "le toghe rosse", "la giustizia di sinistra" e "la persecuzione" di cui si dice vittima, Berlusconi si è anche permesso di insultare Rosy Bindi, vicepresidente della Camera dei deputati, che lo stava contraddicendo. "Siete più bella che intelligente", ha ammonito senza che nessuno si opponesse in trasmissione. "Evidentemente, io sono una donna che non è a vostra disposizione", ha replicato la deputata del Partito Democratico, riferendosi allo scandalo delle call-girls nel quale è implicato il presidente del consiglio. Il giorno dopo, una petizione online lanciata dai movimenti femministi ha raccolto migliaia di firme in sostegno di Rosy Bindi.

Questa deriva non è che una tra le tante. Il comitato di redazione di RAI Uno ha deciso di stilarne un libro bianco. Il 3 ottobre, una manifestazione per la libertà di stampa ha riunito più di 100mila persone a Roma, al grido di "Siamo tutti farabutti", termine con il quale Berlusconi ha designato alcuni giornalisti RAI. Augusto Minzolini, direttore del TG1, imposto in quel ruolo dal Cavaliere, si è allora schierato in diretta affermando che quella manifestazione era "incomprensibilmente diretta contro Berlusconi". Qualche ora prima, il capo del governo aveva definito l'evento "una farsa assoluta". Tensioni all'interno della redazione, dove i giornalisti, di destra come di sinistra, hanno ottenuto che il CDR esponga un punto di vista opposto a quello di Minzolini.

Convocato dal comitato di vigillanza RAI, il direttore del TG1 se l'è cavata con una ramanzina. "Voi state al giornalismo come la sedia elettrica sta alla verità", ha ironizzato l'ex giudice Antonio di Pietro, fondatore dell'Italia dei Valori, a proposito di Bruno Vespa e Augusto Minzolini. Da allora, ordine è stato dato alle redazioni di RAI Uno di non diffondere più immagini di Di Pietro delle attività del suo partito...

"C'è una reale volontà di ridurre la visibilità degli argomenti di scontro sociale, come l'omofobia, l'immigrazione o il razzismo" deplora Alessandra Mancuso. "La RAI non si comporta più come un servizio pubblico, ma come una concessione privata al servizio di un uomo." Il presidente del consiglio si è difeso con un gioco di parole: "Se parlo in televisione, è uno scandalo, se vado su un altro canale sono un dittatore, se vado su un terzo siamo in un regime autoritario, e se vado su un quarto è un crimine", ripete quando gli si pone il problema.

"Non siamo ancora in una dittatura sudamericana", getta acqua sul fuoco il giornalista Enrico Mentana, ex mezzobusto di Canale 5, dal quale si è dimesso dopo 18 anni di servizio in seguito a un disaccordo sulla linea editoriale. Oggi disoccupato, ha lavorato per anni alla RAI e conosce bene le problematiche dell'azienda. "La RAI è sempre stata un terreno di conquista politico, ma la libertà si prende se si decide di farlo. Più che di censura, si tratta di autocensura. In Italia, i giornalisti possono dire tutto su Berlusconi, ma si tratta il più delle volte di una visione manichea. Sono lo specchio della nostra vita politica. Con la quasi sparizione della sinistra, sono ormai i giornalisti che hanno preso il controllo e giocano il ruolo dell'opposizione".

È il caso di Michele Santoro, giornalista politico e conduttore di numerosi programmi RAI, che è stato reintegrato su RAI Due nel 2005 dopo un processo. Nel 2002, il giornalista era stato licenziato dopo che Berlusconi, di ritorno al governo, l'ebbe accusato di fare "un uso criminoso della televisione pubblica". Dal suo reintegro, il direttore di RAI Due sottolinea che Santoro è solo "ospitato" dalla sua rete. Lontano dal soccombere, Santoro ha ripreso la sua crociata contro Berlusconi. La sua trasmissione settimanale "Anno Zero" registra record d'ascolto, nonostante il boicottaggio della direzione che ha sospeso i contratti dei giornalisti che vi collaborano.
Alla fine di settembre, più di 7 milioni di telespettatori hanno seguito il servizio sulle ragazze squillo che frequentavano le feste del premier italiano. E per la prima volta, Patrizia D'Addario, la call-girl che ha passato una notte con il Cavaliere prima di essere candidata su una lista berlusconiana al consiglio municipale di Bari, ha dichiarato che Silvio Berlusconi "sapeva che mestiere facessi", cosa che il Cavaliere ha sempre negato. Proteste il giorno dopo sulla stampa pro-Berlusconi, che ha invitato gli italiani a non pagare più il canone, ribattezzato "tassa Santoro".

"Viviamo in un'atmosfera nauseabonda", afferma Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, ricordando che l'Istituto internazionale della stampa ha esortato l'Italia a "ristabilire in fretta dei meccanismi che garantiscano l'indipendenza editoriale della radiotelevisione pubblica". Durante la manifestazione per la libertà di stampa, Roberto Saviano, autore di Gomorra, minacciato di morte dalla Mafia napoletana, ha ricordato che "la verità e il potere non coincidono mai".

(a cura di Dario Ingiusto)

giovedì 8 ottobre 2009

La legge è uguale per tutti












Editoriale da El País, 8.10.09


[articolo originale qui]


La Corte Costituzionale italiana si è dimostrata tenace. Il lodo Alfano grazie al quale il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, si sarebbe assicurato l'immunità e avrebbe eluso la giustizia, è stato dichiarato incostituzionale. L'uguaglianza davanti alle leggi, che nessuno può prevaricare in uno Stato di diritto, è stata salvaguardata in una sentenza che fa onore alla giustizia italiana.

Il Presidente del Consiglio, per fortuna, non si trova al di sopra delle leggi, e non avrà altra scelta che presentarsi in tribunale se gli venisse richiesto, come qualunque altro cittadino italiano. Segnalando l'illeggittimità tanto nella sostanza (la chiara disuguaglianza davanti alla legge) come nel metodo scelto per approvare il lodo (una legge ordinaria e promulgata in 25 giorni), la Corte ha restituito serietà e credibilità a un paese che Berlusconi ha cercato di trasformare nel paradiso dell'illegalità e dell'impunità dei potenti.

Il lodo Alfano blindava le quattro più alte cariche dello Stato rispetto ad azioni giudiziarie e anche inchieste: il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle due camere, e il Presidente del Consiglio, in modo che non si potesse intraprendere alcuna azione contro di loro finché restavano in carica. È stata promulgata ad personam per completare lo scudo legale di Berlusconi contro la valanga di inchieste scaturita dalle sue numerose attività irregolari.

Il pacchetto di leggi approvate dalla maggioranza berlusconiana per evitare che il capo venisse processato costituisce un corpus giuridico specifico, del quale il lodo sarebbe stato la coronazione più infamante per il principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alle leggi.

Berlusconi ha fatto approvare leggi per ostacolare le rogatorie all'estero destinate a investigare le sue attività transalpine. Ha fatto depenalizzare il falso in bilancio. Ha approvato un condono edilizio. Ha approvato la limitazione delle intercettazioni telefoniche per casi di corruzione. E ha ottenuto una legge, la Gasparri, per consacrare il suo monopolio televisivo e il suo quasi monopolio mediatico. Il suo esercito di avvocati è riuscito con grande abilità e infinite risorse economiche a combinare prescrizione e leggi ad hoc per evitare le condanne.

Oltre a rappresentare una vittoria giuridica dello Stato di diritto, la decisione dei magistrati supremi costituisce una sconfitta politica per il premier italiano, che si aggiunge al torrente di discredito accumulato nella sua costante confusione tra vita pubblica e condotta privata. Ma la cosa più preoccupante per il magnate mediatico è che la sentenza significa che come minimo due dei quattro processi congelati dal lodo Alfano ricominceranno, uno per corruzione e uno per irregolarità finanziarie nella compravendita di diritti televisivi.


mercoledì 7 ottobre 2009

Gli avvocati di Berlusconi ritengono che il presidente italiano sia al di sopra della legge












The Times, 7.10.09

[articolo originale di Richard Owen qui]

È stato un interessante esempio di bispensiero legale: "anche se la legge è uguale per tutti", ha dichiarato Niccolò Ghedini, lo scaltro e cadaverico avvocato personale di Silvio Berlusconi, "l'applicazione delle leggi è un altro discorso".

Quando Patrizia D'Addario, una prostituta di Bari, ha rivelato quest'anno che il premier avrebbe dormito con lei nella notte delle elezioni USA, Ghedini ha detto che il suo capo non avrebbe commesso reati perché era soltanto "l'utilizzatore finale". Un disegno di legge che prevedeva pene per i clienti delle prostitute è stato rimandato.

Ghedini è anche un deputato per il partito al governo di Berlusconi, il Popolo delle Libertà, e ha un ruolo nello sfruttare i cavilli legali e difendere il premier. Nessuno ha protestato per questo ovvio conflitto di interessi. È dato per scontato che tutti gli aspetti della vita in Italia siano politicamente schierati - Corte Costituzionale inclusa.

Cinque dei 15 giudici che devono pronunciarsi sul lodo Alfano sono nominati dal parlamento. Tre di essi sono del centro-destra, due del centro-sinistra. A maggio Berlusconi è stato accusato dall'opposizione di aver tentato di accaparrarsi il favore dei giudici quando cenò con due di loro. Solo una, Maria Rita Saulle, 73 anni, è donna - e non si sa se condivida o meno il disgusto di molte donne italiane per Berlusconi a causa dei suoi scandali a sfondo sessuale.

Per i sostenitori del premier l'attacco alla legge per l'immunità farebbe parte di un complotto. Deputati del PdL sostengono che ci sia "un piano sovversivo per rovesciare la volontà del popolo".

Ma nessun cospiratore ha forzato Berlusconi ad andare alla festa dei 18 anni a Napoli di Noemi Letizia, aspirante modella, causando la richiesta di divorzio da parte di sua moglie. Nessun cospiratore l'ha forzato ad andare a letto con la D'Addario, che la settimana scorsa ha detto a milioni di telespettatori italiani che Berlusconi sapesse "perfettamente" essere una escort.

Allo stesso modo, le accuse di corruzione che Berlusconi dovrebbe affrontare se il lodo Alfano dovesse venire meno provengono dalle sue stesse azioni. Se si troverà a fronteggiare le accuse di evasione fiscale, e tentativi di corruzione di senatori del centro-sinistra per fare cadere il fragile governo di Romano Prodi, sarà perché i pm ritengono che abbia infranto la legge.

giovedì 1 ottobre 2009

Comici inglesi su Berlusconi












Altri video su come ci vedono all'estero sono disponibili qui




mercoledì 30 settembre 2009

Gli insulti di Berlusconi agli Obama potrebbero essere troppo






The Times, 29.09.09

[articolo originale di Richard Owen qui]

C'è la tendenza, sia in Italia che nel resto del mondo, di archiviare con una risata ogni nuova gaffe di Silvio Berlusconi come semplicemente "tipica di Silvio".

Le reazioni vanno dallo scuotere la testa - "eccolo di nuovo" - fino alla sincera ammirazione da quegli italiani che accettano l'idea che il suo volgare humour da bar lo renda "uno di noi" nonostante la sua ricchezza e il suo potere.

Quando l'anno scorso insultò Obama per la prima volta definendolo abbronzato, Berlusconi reagì alle accuse dicendo che i suoi critici non avessero senso dell'umorismo. Alcuni italiani si trovarono in imbarazzo, ma molti di coloro che l'anno scorso elessero Berlusconi per il suo terzo mandato si schierarono dalla sua parte.

C'è una venatura di razzismo e xenofobia nella coalizione di centro-destra di Berlusconi - da qui i suoi commenti al convegno del PdL a Milano non solo sul colore di Obama, ma anche sul sospetto che "soltanto" legga dal gobbo.

C'è anche complicità maschile nell'accettare il comportamento di Berlusconi - reminiscente di quello di Benito Mussolini - nel comportarsi da donnaiolo e promuovere allo stesso tempo i valori della famiglia.

Ma insultare Michelle Obama insieme al presidente degli USA potrebbe essere troppo. Il comportamento da buffone maschera una realtà più sinistra: Berlusconi si vede chiaramente come un leader nazionale e mondiale di importanza tale da essere al di sopra della legge.

Per molti fuori dall'Italia, l'idea che Berlusconi sia un personaggio chiave globale che, per esempio, "aiuta" gli USA a trattere con Mosca è ridicola. Ma funziona bene in casa. Le sue "gaffes" sono spesso intenzionali, per dimostrare di avere un rapporto diretto con l'italiano medio.

Ma queste mascherano un'arroganza e un autoritarismo che significano l'opposto, e cioè che Berlusconi sia al di là delle normali regole comportamentali. Nessun altro leader coinvolto in scandali sessuali avrebbe osato fare la dichiarazione esilarante, come ha fatto lui a Milano, di "avere introdotto la moralità" nella politica italiana.

Il fatto che non sia stato subissato dalla derisione riflette in parte il suo incredibile potere mediatico. In qualunque altro paese occidentale un uomo che controlla le tre principali reti televisive commerciali non potrebbe diventare primo ministro.

In Italia, invece, si è arrivati al punto in cui anche la RAI (la televisione pubblica) deve vedersela con una pesante multa per avere finalmente rivelato agli italiani - 80% dei quali si informano solo attraverso la TV - che Berlusconi avrebbe passato la notte delle elezioni di Obama lo scorso novembre con una prostituta.

La stampa e i media sono intimiditi dalle pressioni fino ai writ. L'opposizione di centro-sinistra sta preparando una protesta questo weekend in difesa della libertà di stampa.

Ma è demoralizzata e divisa. La vera opposizione viene dalle proprie fila di Berlusconi, con Gianfranco Fini, co-fondatore del PdL, che aspetta di prendere il comando.

La settimana prossima la Corte Costituzionale deve decidere se la legge emessa da Berlusconi l'anno scorso che gli concede l'immunità dai processi sia valida o meno. Se la legge per l'immunità dovesse cadere sarà il caos.

Berlusconi potrebbe allora dare le dimissioni e chiamare alle elezioni anticipate, fiducioso del fatto che verrebbe riconfermato con un mandato per fare come desidera. Ma chi nel centro-destra teme che il suo comportamento arrogante non solo stia danneggiando la reputazione dell'Italia all'estero, ma stia anche mettendo in pericolo la democrazia nel paese, potrebbe pensarla diversamente.

lunedì 21 settembre 2009

Ezio Mauro: domande d'onore












Le Monde, 15.9.09


[articolo originale di Philippe Ridet qui]


Ne sei sicura?” Giornalista preoccupato della verità dei fatti, Ezio Mauro, direttore del quotidiano di sinistra La Repubblica, ha posto quest’unica domanda il giorno in cui la corrispondente del giornale a Napoli, Conchita Sannino, gli ha raccontato questa strana storia: Silvio Berlusconi ha partecipato al compleanno di 18 anni di una ragazza di nome Noemi Letizia, nella periferia della città portuale. A fine aprile 2008, per gli uffici del quotidiano, in via Cristoforo Colombo a Roma, questa visita del presidente del consiglio è un altro fatto curioso. “Non avevamo assolutamente idea del potenziale di questa storia”, racconta Ezio Mauro, più di quattro mesi dopo. Per fortuna, l’articolo pubblicato menzionava solo le iniziali della ragazza.

Oggi, tutto è cambiato. Le spiegazioni ingarbugliate del capo del governo italiano hanno trasformato la strana visita in un affare di stato, cronaca del terzo mandato in saga del Basso Impero. Ezio Mauro, 61 anni, ex adolescente di Dronero (un comune di 7.000 abitanti del Piemonte) che dirigeva il giornale del suo liceo chiedendosi come fare carriera, è diventato l’eroe della libertà di stampa. E forse della democrazia, da quando Silvio Berlusconi ha deciso di portare il giornale in tribunale e chiedergli un milione di euro per diffamazione. Eccolo oggi a confronto con l’uomo che gli somiglia di meno, che non esita a prendere gli italiani a testimoni della sua ossessione per le donne in modo da farne le sue complici e a usare i mezzi più violenti per far tacere i suoi detrattori.

Il suo ufficio gli somiglia. Niente giornali ammucchiati ovunque, niente appunti appesi ai muri. Il “direttore” è pronto alla zuffa ma mantiene le distanze da buon piemontese. “Falso e cortese” dicono i suoi concittadini nordisti. Nei dibattiti televisivi in cui tutti si lanciano invettive e si insultano, egli sa mantenere le distanze da buon osservatore. In redazione, alcuni speravano che sarebbe stato “meno prudente, più impegnato”. “Falso, è il tipo più leale che io conosca, spiega Francesco Merlo, giornalista assunto da Ezio Mauro. Tutte le culture in Italia sono vicine a La Repubblica. È un organismo vivente con i suoi eccessi. La distanza di Ezio, è questa la sua vera eleganza. Non è facile mantenere il sangue freddo in un paese simile”.

È vero che ce n’è da farsi venire le vertigini. A Noemi è succeduta Patrizia che confessa di essere stata pagata per dormire con il presidente. Dopodiché, si sa che una trentina di ragazze hanno animato le notti tariffate del presidente del consiglio. La Repubblica racconta le contraddizioni di Silvio Berlusconi, la sua doppia vita pubblica e privata, le interferenze della seconda sulla prima e si interroga. Ogni giorno vengono pubblicate dieci domande di rito. Non fanno altro che portare a fatti veri, a informazioni verificate, a dichiarazioni pubbliche. “All’inizio, le nostre domande erano destinate ad un colloquio, racconta Ezio Mauro. Abbiamo concesso quattro giorni a Berlusconi affinché potesse giustificarsi, non lo ha fatto e abbiamo deciso di pubblicarle ugualmente”.
È la mia privacy”, si difende il “Cavaliere”. “Come se si potesse costruire un muro per impedire all’informazione di circolare, si rammarica Ezio Mauro. Le contraddizioni del potere sono il vero terreno del giornalismo e un problema per la democrazia. I pettegolezzi non mi interessano”. Mentre il governo vorrebbe portarlo sul terreno della lotta politica, facendo del giornale il portavoce del partito democratico per meglio denunciare una “strumentalizzazione” condotta dai “comunisti e dai cattolici comunisti”, il direttore intende restare sul terreno professionale. “Come andrà a finire per il presidente del consiglio e la democrazia italiana?, si chiede. Occupiamoci piuttosto del giornale di domani”.

Il giornalismo, è l’unica passione che Ezio Mauro conosca. “Ho sempre voluto fare questo”, si ricorda. Una breve lettera di raccomandazione gli permette di entrare alla Gazzetta del Popolo, un quotidiano di Torino. Gli viene assegnata la cronaca. Mentre l’Italia sprofonda negli anni di piombo, al ritmo di attentati e delitti, l’uomo di sinistra che è in lui scopre la “violenza disumana e priva di obiettivo politico” del terrorismo.

Sette anni dopo, cambio di giornale e di direzione. La Stampa, il giornale della famiglia Agnelli, lo invia a Roma come giornalista politico. “Mi sono ripromesso di rifiutare un pranzo o una cena con un politico che non potesse servirmi per i miei articoli. Ci frequentiamo, ma siamo di una razza diversa. Il nostro compito è quello di portare alla luce quello che loro non vogliono dire”.

Voglia di impegno? Quando nel 1996 prende le redini de La Repubblica, succedendo al carismatico Eugenio Scalfari, fondatore della testata nel 1976, Ezio Mauro si sente subito a casa. “La Repubblica è il giornale che mi assomiglia di più, afferma. È come una seconda pelle. Qui la passione giornalistica può essere violenta, vi si possono condurre grandi battaglie nazionali e scommettere sull’intelligenza degli italiani”. Armato della sua discrezione e dei suoi principi, è riuscito a dirigere una redazione frequentata da alcune delle migliori penne d’Italia, da Umberto Eco a Pietro Citati.

La guerra è totale. Un giornale di destra, Libero, ha tentato di screditare Ezio Mauro con la scusa che avrebbe pagato una parte del suo appartamento romano in nero. L’attacco ha resistito a lungo. Ma le dimissioni, in seguito ad una campagna giornalistica calunniosa, di Dino Boffo, direttore del quotidiano cattolico Avvenire, suona come un “avvertimento, sostiene Ezio Mauro, a tutti i proprietari di giornali”. Pertanto, le lamentele di Silvio Berlusconi contro La Repubblica non ha suscitato alcuna reazione di supporto di questi ultimi: “Non mi aspettavo nessun tipo di solidarietà. Ciascuno si serva della propria libertà come meglio crede”, afferma con amarezza Ezio Mauro.

La Repubblica ha i mezzi per durare. Le vendite (580.000 copie) del quotidiano sono in rialzo di circa il 10%. Un nucleo da cinque a dieci giornalisti lavora esclusivamente sul “tema Berlusconi”. L’appello per la libertà di stampa lanciato sul sito del giornale ha raccolto più di 350.000 firme. È prevista una manifestazione per sabato 19 settembre a Roma. “Il semplice fatto di organizzare questo raduno nel cuore dell’Europa è già di per sé significativo”, si lascia sfuggire Ezio Mauro. Ogni giorno i lettori incoraggiano il giornale a non “lasciar stare” e a continuare a denunciare “l’anomalia occidentale” che è diventata l’Italia.

Il direttore de La Repubblica si dice pronto a pubblicare “Le dieci domande” rivolte al presidente del consiglio, non importa il tempo che ci vorrà. Dall’altro lato della stanza lo attende la riunione editoriale. Il titolo dell’edizione di domani? “Bisogna aver fiducia in Berlusconi, lui ci aiuterà sicuramente a trovarlo”, afferma spingendo la porta. Giornalismo, nient’altro che giornalismo.


(traduzione di Anna Cascone)

venerdì 18 settembre 2009

"Non sarà la chiesa a finire Berlusconi" El País intervista Andrea Camilleri







El País, 18.09.09

[articolo originale di Miguel Mora qui]

Con le sue inseparabili sigarette, e la sua giovane assistente Annalisa che gli porta caffé molto zuccherato, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri mantiene a 84 anni una lucidità mentale e una memoria invidiabili. Ecco la rabbia, la sua vecchia rabbia comunista, a cui si appiglia rivendicandola come anditoto morale per il suo paese, questa Italia che nonostante tutto vota e ammira Silvio Berlusconi, e che, afferma, "ama il buffone delirante perché riflette il peggio che è in ognuno di noi, e suscita questa invidia che ogni italiano sente per le moto che non seguono neanche una regola del codice della strada". In questa intervista, realizzata ieri a casa sua, il maestro del giallo ci fa vedere l'oscuritá del panorama politico italiano.

Domanda. Tutta l'Europa parla di Berlusconi, e gli italiani stanno zitti.

Risposta. Questo silenzio è inquietante. Ci troviamo da molto tempo nella fase di supplenza. La politica è stata sostituita dalla magistratura, e con l'opposizione succede lo stesso: siccome non esiste, l'hanno sostituita con i giornali (La Repubblica e L'Unità) e un canale televisivo (RAI 3). Tutti gli altri restano in silenzio. E quindi parla la stampa estera, che ha sostituito la nostra in questa fase di emergenza della nostra democrazia.

D. Si tratta davvero di un'emergenza?

R. Certo. Prima l'Italia era solo un'anomalia, ora non ci sono pesi e contrappesi, corpi e anticorpi, la malattia Berlusconi si è estesa e non incontra resistenza. Siamo malati nella mente, nella politica, nell'economia, e sopratutto nei costumi: l'immoralità regna sovrana.

D. Alcuni dicono che abbia realizzato il piano della loggia P2...

R. Non c'è riuscito del tutto, ma in gran parte sì. Le idee dei suoi fondatori sopravvivono nell'uomo che ha conquistato il potere. È una clonazione, ma il DNA è comune. L'organizzazione è stata smantellata, le idee restano vigenti.

D. Crede che il Partito Democratico costituisca una vera alternativa?

R. Non ho mai voluto aderirvi, è un mostro bicefalo. È una buona cosa che ci sia pluralismo in un partito, ma solo quando i fini sono comuni. Qui abbiamo ex-comunisti del PC con l'Opus Dei. Una convivenza difficile. La riunione in questi giorni tra Rutelli (PD) e Fini (PDL) conferma, secondo me, la fine del PD. Gli ex-democristiani vogliono darsela a gambe. E dall'altra parte, Fini vuole abbandonare Berlusconi. Il dado è tratto.

D. Quindi la speranza è... andare in esilio con Obama?

R. Il problema è che magari quando arrivi l'hanno già fatto fuori. Ha il grande svantaggio di essere nero: possono assassinarlo facilmente. E non scherzo.

D. Perché si dice che non ci sia libertà di informazione in Italia? Secondo Berlusconi, la RAI è l'unica televisione pubblica che critica il governo.

R. Berlusconi dice di non essere un dittatore perché i dittatori censurano e fanno chiudere i giornali. Lui non li fa chiudere perché non può. Ma censura. Anni fa cacciò vari giornalisti della RAI, da poco ha detto che Paolo Mieli (Il Sole 24 Ore) e Giulio Anselmi (La Stampa) dovrebbero cambiare mestiere e dopo qualche settimana l'hanno fatto. E dopo c'è la peggior censura, l'autocensura, la paura dei giornalisti di farsi male da soli. C'è tanta paura che è quasi preferibile leggere Feltri, almeno è chiaro, sai chi ti trovi davanti. Gli altri non si riescono a capire.

D. Com'è iniziato il berlusconismo?

R. Quando nessuno se lo sarebbe aspettato, dal processo Mani Pulite venne fuori un politico che incarnava proprio la corruzione che si voleva combattere. Lì si vide la capacità geniale di Berlusconi di presentarsi come il contrario di ciò che è. Ora si mostra per quello che è veramente: insulta i giornalisti, gli avversari, li chiama farabutti, coglioni... dove si è visto un primo ministro che insulta?

D. Li chiama soprattutto comunisti.

R. Non otterrà mai che io riceva questa parola come un insulto. E soltanto rivela una cosa: è innamorato del fascismo, ma è peggio dei fascisti perché alcuni di loro si sono evoluti. Per questo disse che Mussolini mandava i giornalisti critici nei suoi confronti in villeggiatura. Non sa che Amendola fu picchiato a morte, che i fratelli Rosselli furono uccisi durante l'esilio, che Gramsci morì dopo anni di carcere? Non sa che i comunisti italiani firmarono i patti lateranensi con De Gasperi, che portarono la democrazia con la resistenza, che bloccarono le vendette contro i fascisti?

P. Se agita il fantasma del comunismo sarà perché gli torna utile.

R. Certo che sì. Gli italiani ci credono perché non hanno memoria. Gli italiani si ricordano del loro paese perché aveva una squadra di calcio che giocava partite contro il paese vicino. Se chiedi a un italiano che accadde nel 1928, ti dirà la formazione dell'Inter di quell'anno, ma non che arrivò il fascismo perché questo non lo sa.

D. Crede che non avendo avuto una guerra civile sussista un conflitto in nuce, non risolto?

R. Il Movimiento Sociale Italiano si creò sei mesi dopo la seconda guerra mondiale. 18 mesi più tardi, già avevano deputati in parlamento. Nel '45 arrivai a Roma e c'erano scritte sui muri che dicevano: "Restituiteci il testone". Volevano di nuovo Mussolini! Ricordo un articolo favoloso di Herbert Matthews, giornalista del New York Times. Diceva: "Non avete davvero ucciso il fascismo, ed è una malattia che patirete per decadi, e si riproporrà in forme che non riconoscerete". Eccoci qui, a domandarci se Berlusconi sia fascista o meno.

D. Anche Pasolini profetizzò una cosa del genere.

R. Pasolini era discutibile riguardo la concezione che aveva di se stesso; ma la concezione che aveva degli altri era molto acuta. Lui e Sciascia sono le due grandi coscienze civili che ci mancano. Sento una terribile necessità di loro.

D. Niente dura per sempre...

R. La bassa audience di Porta a Porta l'altra sera è stata un'allegria. Fa venire fuori una speranza. Un imbecille ha scritto su "il Giornale" che il mio sogno è vedere Berlusconi pendere come Mussolini. È il contrario, quello che temo di più è che muoia o che i giudici lo finiscano. Quello che voglio è che duri, che gli italiani bevano da questo calice fino a vomitare. Così sapranno che cosa è e sarà finito. Se no, sarà un martire. Spero soprattutto che resusciti la moralità, perché per ora vige la morale del vespino. Il vespino va contromano e nessuno dice niente; attraversa col rosso e nessuno dice niente, sale sul marciapiede e nessuno dice niente. Gli italiani guardano il vespino e pensano: "Madonna, che bello sarebbe essere questo vespino e non rispettare neanche una regola!". E non parlo delle escort, né delle veline, parlo solo della vita quotidiana.

D. Perché tanti italiani amano Berlusconi?

R. Perché si guardano allo specchio e sono uguali. Impera una scostumatezza insopportabile. L'altro giorno il conducente di una macchina ha gridato a mia moglie: "Asino!". E io le ho detto: "Segui questa macchina, seguila". "E perché?", mi ha chiesto lei, "mi ha solo insultata". "Sì, ma ti ha chiamato asino e non puttana, voglio conoscerlo, è old-style, seguilo!".

D. In questo senso, Veronica Lario è un esempio di civismo femminista, anche se è stata catalogata come "velina ingrata" da Feltri.

R. Non è mai stata una velina, era un'attrice teatrale e abbastanza dotata. È una donna offesa che non ne può più, che non può parlare con suo marito e decide di farlo attraverso i media. Mia moglie mi avrebbe buttato dalla finestra se io avessi fatto qualcosa di simile. La cosa offensiva è l'esibizionismo di Papi, così poco serio. Sei un nonnetto di 72 anni, se vuoi farlo fallo discretamente, sapendo quello che sei. Inoltre, che figuraccia. Se dici che frequenti minorenni è orribile, ma addirittura escort...

D. Dice di non avere mai pagato.

R. Fa pagare gli amici, è ancora peggio. Caligola, Nerone, avevano una dimensione... alla fine bruciavano Roma. Questo è così meschino che mette paura. Non accende nemmeno un fiammifero.

D. Crede che l'Italia possa resistere altri quattro anni cosí?

R. Non credo, siamo vicini a un'implosione. Fini, magari per puro gioco di parole, ha un fine, allontanarsi da lui. Dice cose giuste, laiche, moderne. Una destra finalmente rispettabile. Dall'altro lato della barricata, gli auguro sinceramente che ci riesca.

D. Non crede che la chiesa preferisca Berlusconi?

R. Certamente: "pecunia non olent", i soldi non puzzano. Puoi attaccare la verginità di Maria, negare il santo sepolcro, loro ti mettono nell'indice e tu vendi più libri. Ma se gli dici che gli diminuisci i fondi per le scuole si arrabbiano. Il dogma assoluto della chiesa sono i soldi, l'esenzione fiscale. Conosco a Roma un cinema porno intestato al Vaticano... Basta non toccare il denaro del Santo Padre. Il Vaticano detta legge in Italia, e mai come ora. Ma il Papa dissimula come Zapatero: assistono al delirio di Berlusconi in diretta e dicono: "Non posso parlare perché sono straniero". E se poi qualche vescovo dice qualcosa, fa come Berlusconi con Feltri: "Mi dissocio, mi dissocio". No, non sarà la chiesa a finire Berlusconi. Spero che saranno i cittadini.

giovedì 17 settembre 2009

martedì 15 settembre 2009

Meglio non frequentarlo











Editoriale da El País, 11.09.09

[articolo originale qui]

Silvio Berlusconi è diventato una compagnia politica poco raccomandabile. Lo ha potuto verificare ieri Rodríguez Zapatero, che ha dovuto sopportare, insieme a numerosi ministri dei due paesi, le sue deliranti e imbarazzanti spiegazioni sul reclutamento di giovani donne per le liste elettorali del Popolo della Libertà, il partito politico presidenziale; sulle sue riunioni e feste con decine di donne del mondo della prostituzione; e sui suoi attacchi a EL PAÍS e alla stampa italiana che per il momento si è salvata dalla sua voracità come proprietario dei media e dal suo impegno nel limitare la libertà di espressione.

Quello che sta facendo diventare Berlusconi un personaggio indegno di un paese serio e di un governo presentabile, minando qualunque sua capacità di dialogare con autorità con i suoi omologhi, non è la sua vita privata, ma proprio la confusione delirante tra pubblico e privato in cui ha trasformato la vita politica italiana. La conferenza stampa alla fine del vertice bilaterale dei ministri è la migliore dimostrazione di questo sconveniente mix, che viene fuori anche nel momento di offrire spiegazioni che i giornalisti chiedono leggittimamente. Le sue prolisse spiegazioni sono durate quasi 10 minuti, smaltate di egolatria e umore maschilista e rissoso, e che si facevano sempre più complesse mentre si estendeva l'imbarazzo tra i presenti, spagnoli e italiani.

Su Berlusconi ricadono in questo momento sospetti sull'utilizzo del suo potere personale nella designazione di alte cariche dello Stato e sulla formazione di liste elettorali per ottenere favori sessuali. Lui stesso ha ammesso e ieri ha addirittura sfoggiato, in una vergognosa spiegazione sulla sua vita sessuale, la sua vulnerabilità come uomo pubblico al quale si possono presentare belle giovani, che naturalmente cadono ai suoi piedi davanti al suo charme, per ottenere controfavori politici o economici. Non si può dire nulla sulla vita privata di chi la sa salvaguardare, ma nel suo caso è stato lui stesso, i suoi stessi mezzi di comunicazione e la sua ex-moglie a iniziare la questione, e nel caso di quest'ultima a segnalare le sue relazioni insane con giovani minorenni, una cosa che in Italia non potrebbe essere oggetto di nessuna persecuzione giudiziaria, visto il blindaggio legale costruito da Berlusconi stesso intorno alla sua persona.

Frequentare la compagnia di Berlusconi, il cui paese appartiene al G8, è diventato una difficoltà politica addizionale nelle complesse relazioni internazionali. Ma quello che lo squalifica come governante è la sua vulnerabilità nei confronti di qualunque pressione sottobanco, frutto delle circostanze che accetta per soddisfare la sua vanità e il suo ego. La chiesa italiana, profondamente disturbata per i suoi comportamenti e oggetto dei suoi attacchi, ha deciso approfittare della sua debolezza politica ottenendo modifiche legali proprio nel campo della morale. Ed è chiaro che molti altri possono seguire la stessa strada.

(segnalato da Paolo Z.)

lunedì 14 settembre 2009

Che qualcuno risponda a Berlusconi








ABC, 13.9.09, commento del direttore

[articolo originale di Ángel Expósito qui]

Quello che è successo giovedì scorso con il presidente del governo italiano, Silvio Berlusconi, semplicemente non ha nome, anche se si può qualificare con molti aggettivi: machista, sessista, volgare, "guappo", prepotente, irrispettoso, tracotante... Ma le cose su cui ci si deve lamentare sono stati i silenzi e le risposte - o, meglio, le non risposte - delle donne del governo spagnolo. Tanta parità dei sessi e tanti discorsi di uguaglianza per arrivare a questo.

Tutto il mio rispetto e la mia solidarietà vanno alla vicepresidente Salgado e alla ministra Chacón, che hanno dovuto sopportare questa "real politik". Ma a partire da qui, dov'era la ministra per le pari opportunità? E la solita contundenza della prima vicepresidente del governo? Perché si trattava di difendere l'onore delle donne, fossero queste membri del governo o le nostre madri, mogli, figlie o compagne di lavoro.

Per il rispetto, per l'educazione e per l'uguaglianza, che qualcuno gli risponda, per favore, anche se è un primo ministro.


venerdì 11 settembre 2009

Silvio Berlusconi può suscitare invidia a molti, ma è un uomo arrabbiato






The Times, 10.09.09

[articolo originale di Richard Owen qui]

A Silvio Berlusconi piace ripetere che agli italiani "piace come è" - o anche che tutti loro "vorrebbero essere come me", come ha detto questa settimana. E ha ragione: molti (specialmente la metà maschile) pensano al suo stile di vita - ville, yacht, belle donne - e pensano "beato lui!".

Le ultime accuse su donne pagate per partecipare alle sue feste e in alcuni casi per fare sesso con lui non basteranno a farlo cadere; ci sono state storie simili da quando sua moglie ha chiesto il divorzio lo scorso maggio.

Gli uomini italiani (e un numero soprendente di donne) tendono ad alzare le spalle, o anche a sorridere con complicità quando Berlusconi fa notare, strizzando l'occhio: "Non sono un santo".

Il premier stesso non si trova sotto indagine, e Giampaolo Tarantini, l'affarista barese che procurava le donne, ha detto piú volte che Berlusconi non avesse idea che fossero state pagate per compiacerlo. Le sue barzellette da bar suonano rozze o superate alle orecchie straniere, ma molti italiani ordinari le ritengono una prova che, per quanto sia ricco e potente, Berlusconi resti "uno di noi".

La sua popolarità resta alta: dai suoi stessi calcoli, il tasso di gradimento di Berlusconi è quasi del 70%. Sebbene sia in realtà quasi del 50%, secondo gli ultimi sondaggi attendibili, questo rimane comunque notevolmente alto per un premier circondato da scandali in un momento di recessione economica.

E comunque, come un giornalista faceva notare ieri, nonostante tutto ciò Berlusconi dà l'idea di essere un uomo "arrabbiato, sconfitto e depresso che litiga con tutti". Ha basato per 15 anni la sua carriera politica sull'immagine attraverso il suo impero televisivo e pubblicitario, ma questa immagine sta sbiadendo.

Il sorriso e il buonismo sono sempre meno convincenti, il nervosismo trattenuto a stento. I suoi problemi - che questa estate riteneva evidentemente di stare per superare - si stanno improvvisamente moltiplicando, distraendolo in un momento in cui l'Italia ha bisogno di una mano ferma sulla gestione dell'economia.

Le sue stravaganze hanno solo peggiorato le cose. Molti italiani continueranno a perdonarlo. Alcuni - incluso qualcuno della sua stessa coalizione - no.


giovedì 30 luglio 2009

Vacanze!

Ed anche quest'anno il blog va in vacanza per un mesetto!
Se avró tempo e mezzi proveró a postare qualcosa ogni tanto...ma chissá, a volte é meglio prendersi una pausa e lasciare il tempo necessario al sangue per riaddolcirsi un pó!

Ciao a tutti!!

giovedì 23 luglio 2009

La top 10 dei peggiori leader mondiali










The Huffington Post, 20.7.09


[articolo originale di Stuart Whatley qui]

Il mondo è pieno di leader non adeguati, dai dittatori fino ai buffoni sempre pronti a fare nuove gaffes, ma alcuni sono sicuramente peggiori di altri. Qui sotto è riportata una selezione di 10 leader che sono spesso criticati dai media internazionali o dalle organizzazioni per i diritti umani. Lasceremo votare e decidere la classifica ai lettori (NdR La seguente è la classifica del 23 luglio).

1. Ayatollah Ali Khamenei (Iran)
















2. Re Abdullah bin Abdul Aziz Al Saud
(Arabia Saudita)
















3. Kim Jong II
(Corea del Nord)
















4. Robert Mugabe (Zimbabwe)
















5. Omar al-Bashir (Sudan)
















6. Silvio Berlusconi (Italia)
















7. Than Shwe
(Birmania)
















8. Hugo Chavez
(Venezuela)
















9. Muammar al-Qaddafi
(Libia)















10. Hu Jintao
(Cina)
















(segnalato da Frankie B.)

venerdì 10 luglio 2009

Gli Italiani hanno ascoltato le discussioni blindate del G8







The Financial Times, 8.7.09

[articolo originale di Guy Dinmore e Marco Pasqua qui]

Ogni volta che i leader del G8 si riuniscono per la loro conferenza annuale, si mette in moto un elaborato rituale per assicurare che le conversazioni all'interno del gruppo d'elite si mantengano confidenziali.

Non ci sono registrazioni o appunti presi sulle loro decisioni, ed ogni capo di stato è accompagnato da un solo aiutante, lo "Sherpa", al quale è permesso comunicare con le persone al di fuori della stanza chiusa solo attraverso una penna digitale.

Il meeting viene proiettato in video agli aiutanti al di fuori della stanza, senza audio. La bocca dei leader viene oscurata digitalmente.

È un processo che si è rispettato ogni anno - tranne una volta a San Pietroburgo nel 2006, quando un microfono ha captato un dialogo, poi venuto allo scoperto, tra l'allora presidente degli USA George W. Bush e il primo ministro inglese di quel periodo, Tony Blair - e la presidenza italiana insiste sul fatto che anche questa volta le cose non siano cambiate.

Ma il Financial Times ha saputo da un ufficiale senior, che ha richiesto di restare anonimo, che gli addetti italiani hanno ascoltato la conferenza di mercoledì da alcune stanze vicine attraverso delle cuffie.

Un documento ricevuto dal Financial Times, scritto in precedenza da un membro del comitato organizzativo, ha richiesto discrezione. "Fate attenzione a non dire alle altre delegazioni delle nostre attrezzature, altrimenti lo vorrebbero tutti e non è possibile", c'era scritto.

I piani per installare un collegamento segreto hanno destato preoccupazione tra alcuni ufficiali italiani, che ritengono si tratti di spionaggio.

Lo scopo del collegamento audio sembra sia stato quello di trasmettere più rapidamente consigli tramite lo Sherpa a Silvio Berlusconi, che presiedeva la conferenza.

Marco Ventura, portavoce per il premier, ha negato che ci fosse stato un collegamento audio.

"Quello che dicono rimane nella stanza. Non c'è un canale di comunicazione tra i leader e l'esterno, eccetto le penne digitali", ha detto. "Non ci sarà nessun tipo di canale segreto per il presidente del G8 [Berlusconi] diverso dagli altri".

Quando gli è stato chiesto se si fosse parlato di un collegamento speciale o meno, Ventura non ha risposto.

Un fatto ancora più strano, secondo quanto racconta un testimone, è stata la presenza in un'area di massima sicurezza di Bruno Vespa, un veterano presentatore televisivo prediletto da Berlusconi, recentemente per spiegare la sua amicizia con una modella diciottenne che ha portato sua moglie a chiedere il divorzio. Ventura ha negato che Vespa abbia potuto ascoltare cosa si è detto nella conferenza.

mercoledì 8 luglio 2009

Silvio Berlusconi risponde alle critiche sul summit del G8










The Guardian, 7.7.09


Il premier italiano definisce il report sulle pressioni per un'organizzazione caotica del summit come la "colossale cantonata di un piccolo giornale"

[articolo originale di Julian Borger e John Hooper qui]

Silvio Berlusconi ha cercato di smentire le voci secondo cui i preparativi per il summit del G8 sono stati talmente disorganizzati da mettere in discussione l'appartenenza dell'Italia al gruppo.

Il premier italiano ha detto che il report di ieri del Guardian, che cita membri senior del G8 che hanno detto che gli USA hanno preso il comando nell'organizzare l'agenda per il summit, è "una colossale cantonata di un piccolo giornale".

Parlamentari dei paesi del G8, che non hanno voluto essere nominati, hanno detto al Guardian che in assenza di iniziative italiane per il summit, Washington avrebbe organizzato le conferenze tra gli "sherpa" - i diplomatici che preparano il summit. Ci sono anche state dure critiche all'Italia per non essere riuscita a mantenere le promesse sugli aiuti umanitari.

Il Guardian oggi dichiara di respingere nel modo più totale qualunque insinuazione sull'infondatezza delle sue notizie.

"Spero che il Guardian venga espulso dai grandi giornali del mondo", ha detto il Ministro degli Esteri Franco Frattini. "Quello che dice il Guardian è una barzelletta - non ha senso".

Il Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha invitato a boicottare il quotidiano per il suo articolo.

Un portavoce del Ministero degli Esteri italiano ha detto che ci sarebbe stato un fraintendimento sulle teleconferenze degli "sherpa". Dice che una sarebbe stata effettivamente organizzata dagli USA, ma aveva come scopo l'organizzazione di un summit del G20 a Pittsburgh a settembre.

Il portavoce ha anche detto che un'iniziativa sulla sicurezza alimentare, che il Guardian ha detto essere portata avanti dagli USA, sarebbe stata scritta dall'Italia.

L'Italia ha fatto circolare un documento sulla sicurezza alimentare l'anno scorso, ma il Guardian capisce che l'iniziativa nella sua forma corrente, mirata a supportare l'agricoltura nei paesi in via di sviluppo, sia stata messa insieme sotto la leadership degli USA. Le fonti del Guardian hanno confermato che l'argomento principale delle chiamate tra "sherpa" organizzate dagli USA è stato il meeting del G8 di domani a L'Aquila.

C'è una pressione crescente da parte degli USA e delle potenze emergenti come Cina, India e Brasile di espandere il G8 "club dei paesi ricchi" e di concentrare la rappresentanza europea.

Bruce Jones, un pezzo grosso della Brookings Institution a Washington, ha detto che nei prossimi tre anni si farà pressione sugli stati europei per fargli decidere chi dovrebbe rappresentare l'UE nel G8 o qualunque più ampio gruppo successivo, così come nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU e nel Fondo Monetario Internazionale.

Tutte e tre le istituzioni devono essere riformate per essere più rappresentative del bilanciamento dei poteri del 21° secolo, e questo porterà probabilmente a sminuire l'influenza europea, con alcuni paesi che resteranno tagliati fuori. "C'è già frustrazione tra gli europei che non hanno fatto ordine in queste cose", ha detto Jones.

Anche la Gran Bretagna è stata attaccata per la sua organizzazione del meeting del G20 a Londra lo scorso aprile, al quale Spagna, Olanda, Thailandia ed Etiopia sono state invitate all'ultimo momento. Membri americani si sono lamentati del fatto che la lista allungata degli ospiti abbia reso il forum instabile e il formato del G20 meno attraente.

Jones ha aggiunto che il ruolo di comando assunto dagli USA, anche se non sono il paese ospitante del summit di domani, sarebbe un segnale delle cose a venire. "Le critiche agli italiani sono più che giustificate, ma c'è qualcosa di più grosso qui. È inevitabile che gli USA giocheranno un ruolo più centrale nell'organizzazione di un G8 espanso. Se ci saranno più giocatori sul tavolo, non tutti democrazie occidentali, c'è ancora più bisogno di un forte nucleo centrale. Questo può essere rappresentato solo dagli USA".