El País, 30.10.09
[articolo originale di César García Muñoz qui]
Se c’è una parola che definisce le reazioni fuori dall'Italia per l'atteggiamento dell'opinione pubblica italiana verso Silvio Berlusconi è la perplessità. Non si capisce come sia possibile che un primo ministro con due processi giudiziari in atto, coinvolto in scandali sessuali associati alla prostituzione e anche di droga e con un paese in piena recessione, abbia l'appoggio di almeno la metà dei cittadini.
La logica fa pensare che la colpa di questa si trova nel controllo che esercita sulla televisione pubblica e privata, così come la sua capacità di ostacolare la separazione dei poteri. Tuttavia, anche se certi, questi fattori non sarebbero la causa se non la conseguenza di altri fattori antropologici, così come il rapporto tra il modello mediatico e la cultura politica in Italia.
Alla fine degli anni Sessanta, l'antropologo olandese Geert Hofstede ha dimostrato, attraverso interviste su 100.000 lavoratori della IBM, in 70 paesi in tutto il mondo, il comportamento degli individui nel posto di lavoro è stato in gran parte dovuta a fattori connessi con la cultura.
Successivamente, dalla estrapolazione dei risultati di questa indagine, definisce cinque dimensioni culturali che costituiscono una spiegazione tecnica del motivo per cui alcune culture differiscono dalle altre. Di queste dimensioni si distinguono culture individualistiche o collettivistiche, culture più o meno tolleranti con l’ambiguità o la contingenza, culture più maschili o più femminili, culture in cui la distanza verso i potenti è più o meno marcata, e culture nelle quali gli individui sono più o meno pazienti nel raggiungere i loro obiettivi. Oggi, anche se relativamente poco conosciuto in Spagna, i testi di Hofstede sono studiati da molti dirigenti che vogliono familiarità con le pratiche commerciali in altri paesi.
Certamente, nel caso dell’Italia, due di queste dimensioni culturali diventano rilevanti per spiegare il comportamento di una parte significativa degli italiani verso Berlusconi. Il primo ricade nella mascolinità della società italiana. Mascolinità intesa, non tanto come la parità di generi, ma come la prevalenza di certi valori, che sono visti come maschile sul femminile. Valori considerati maschili sono la sicurezza in se stessi, la fiducia, una certa durezza degli atteggiamenti, il successo o la vittoria, solo per citarne alcuni. Sappiamo qualcosa di questo gli affezionati al calcio che hanno visto come la cosa più importante per i tifosi italiani è vincere,quasi a qualsiasi prezzo. Secondo la classifica di Hofstede, l'Italia sarebbe il quarto paese più maschilista al mondo a molta distancia della Spagna che avrebbe la posizione 38. Probabilmente, il comportamento di Berlusconi incarna in una certa misura la Società italiana, se qualcosa ha caratterizzato la sua carriera è stato quello di vincere a tutti i costi e condurre il mondo con la fiducia che trasudano i vincitori, un aspetto fondamentale da considerare in un la società delle apparenze, come l'italiana.
La seconda dimensione culturale che spiega l'atteggiamento degli italiani verso Berlusconi è il suo atteggiamento verso il potere (power distance). Questo concetto parla in primo luogo in che misura gli italiani concordano sul fatto che le distinzioni di rango, di classe o di status devono concedere privilegi. L'Italia è uno dei paesi d'Europa dove tali differenze sono apprezzate, ma non solo, altri paesi come la Francia o la Spagna la superano su questa dimensione.
Questo atteggiamento deferente verso il potere degli italiani spiegherebbe l’esistenza del diritto di immunità recentemente conquistato dal primo Ministro, inconcepibile in paesi anglo-sassoni o del nord d’Europa, e numerosi altri privilegi di cui gode la classe politica Italia. Per citare due esempi, l’Italia è il paese con il più alto numero di automobili ufficiali del mondo in termini assoluti. Nello stesso modo, in Italia non è raro per i politici continuare e riuscire nelle loro carriere, come il caso di Berlusconi, pur essendo stati coinvolti in scandali di corruzione. Non ci dovrebbe sorprendere pertanto, che la confusione tra pubblico e privato, caratteristica del regime di Berlusconi, non abbia passato fattura come si farebbe in altre società.
In un libro pubblicato di recente in Spagna, Comparazione tra Sistemi Mediatici (2008), Daniel Hallin e Paolo Mancini stabiliscono delle relazioni tra il modello mediatico di ogni paese e della sua cultura politica. L'Italia apparterrebbe al modello Mediterraneo pluralista e polarizzato. Questo modello, di cui la Spagna ne forma parte, è caratterizzato per le accentuate differenze esistenti tra i vari partiti politici. Secondo questi autori, nei paesi dell’Europa meridionale, i mezzi di comunicazione agirebbero più come espressione ideologica e come organi di mobilitazione politica rispetto ad altri paesi occidentali. A differenza di quanto accade nei paesi anglo-sassoni, nei paesi dell’Europa meridionale in generale, i media non giocano con lo stesso livello di rigore il suo ruolo di cani da guardia per la gestione del governo, che spiegherebbe la scarsa tradizione di giornalismo investigativo in questi paesi. Questa polarizzazione ideologica porterebbe all’indifferenza dei politici verso quello che dicono i media non legati ideologicamente. L'assenza di risposte alle accuse di Berlusconi dal giornale La Repubblica, L'Unità o El Pais, ne sono un chiaro esempio. Il Cavaliere è ben consapevole del fatto che sui giornalini di sinistra non ha da dove grattare elettoralmente parlando, e che la stampa è piuttosto una questione di minoranze di fronte alla televisione.
Infine, un altro fattore chiave che contribuisce a spiegare il berlusconismo è l’assenza di un atteggiamento responsabile e cittadino nel confronto di responsabilità al potere. È sintomatico che né in italiano né in spagnolo esista un equivalente preciso alla parola inglese accountability. In Italia o in Spagna non è tanto il cittadino o il contribuente (taxpayer) quello che esige i conti al potere come i partiti politici. Non è quindi strano che Berlusconi, con una sinistra indebolita, non ha sentito la necessità di affrontare la cittadinanza in televisione, come aveva fatto Clinton durante lo scandalo Lewinsky, e si è difeso attaccando i giornalisti e negando tutte le accuse.
Se ci aggiungiamo il controllo che Berlusconi esercita sulle televisioni statali e private, la situazione diventa drammatica. Tuttavia, anche se è chiaro che Berlusconi non è l'Italia, non si deve pensare che il berlusconismo ha come unica variabile la personalità del magnate dei media, ma tutta una serie di radici culturali che fanno possibile che situazioni analoghe possono presentarsi in futuro.
Per quanto riguarda la Spagna, la morale è che bisogna essere molto cauti nel criticare i vicini la cui politica e cultura dei media è molto simile a quella spagnola.
(a cura di P. M.)
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