giovedì 22 maggio 2008

Libertà di stampa all'italiana










Deutschlandfunk, 19.5.08


[articolo originale di Kirstin Hausen qui]

Le cose non vanno troppo bene per la libertà di informazione italiana. Nella nuova classifica dell'Organizzazione "Cronisti senza frontiere", che comprende 139 Stati esaminati, l'Italia si è posizionata al quarantesimo posto. Il motivo ha un nome: Silvio Berlusconi. Il potere nelle mani del Presidente del Consiglio italiano e magnate delle televisioni è controverso e unico in Europa. Kirstin Hausen racconta.

Giovedì sera. Su RAI 2, il secondo canale della televisione pubblica, è in corso "Annozero", una controversa trasmissione di approfondimento in Italia. Controversa, perché critica. Troppo critica per i gusti di Silvio Berlusconi, i cui processi sono già stati argomento della trasmissione.

Il conduttore, un signore non troppo alto e con riccioli grigiastri, è Michele Santoro. Egli simboleggia come nessun altro giornalista la lotta contro la superiorità delle televisioni del nuovo e vecchio Presidente del Consiglio. Infatti, della sua critica a Silvio Berlusconi, Santoro non fa alcun mistero. Argomento della serata di giovedì sera: gli immigrati non europei, la paura degli italiani verso di loro e la politica verso gli stranieri del governo Berlusconi.

La parola viene data a esponenti di entrambe gli schieramenti: residenti furenti e immigrati arrabbiati, un ministro del governo e un'avvocatessa che difende gli immigrati. Durante la trasmissione viene anche ricordato che la situazione, che oggi viene considerata insostenibile dai partiti al governo, fu provocata in parte da loro stessi. Nel 2002 promulgarono infatti una legge contro il voto dell'opposizione che ha di fatto favorito l'immigrazione illegale.

In studio siede anche Marco Travaglio, un giornalista che da una settimana occupa le prime pagine dei giornali. In una intervista televisiva aveva dipinto Renato Schifani, il nuovo Presidente del Senato, come "amico della mafia". Uno scandalo, così l'intero mondo politico si indignava.

Lo scandalo tuttavia non consiste nel fatto che il Presidente del Senato in passato fosse stato membro della società di assicurazioni Sikula Broker insieme a Mandalà, successivamente condannato come capo mafia, e che aveva lavorato come consulente esterno per il consiglio comunale di Villabate (Palermo), poi sciolto per infiltrazioni mafiose. Lo scandalo è che qualcuno osi raccontare questo in televisione. Ora Schifani vuole querelare Travaglio per diffamazione.

"In verità qualcuno vuole avvelenare il clima di dialogo e collaborazione che si sta instaurando in Parlamento. Ora tocca a me pagarne il prezzo, ma sono estremamente tranquillo."

In merito alle accuse il Presidente del Senato Renato Schifani non entra. La televisione pubblica RAI, che aveva trasmesso in diretta l'intervista a Marco Travaglio, si è prontamente scusata apertamente nei confronti di Schifani. Con soddisfazione dei partiti al governo. Ma anche gli esponenti dell'opposizione hanno applaudito il passo fatto dalla RAI. Nessuno del partito di Walter Veltroni ha difeso Marco Travaglio. Ma a ciò il giornalista è già abituato. E non lo preoccupa.

"Io sono un giornalista e per me è indifferente cosa dicono i politici di me. I giornalisti devono informare sulla verità, ed è ciò che ho fatto."

Marco Travaglio interpreta fedelmente il suo mestiere di giornalista e possiede un'etica professionale, che per molti giornalisti italiani sembra smarrita o forse essere stata fatta sparire. Ricorrere alla censura non è nemmeno necessario quando certi temi fin dal principio vengono taciuti, a causa del fatto che i giornalisti temono ripercussioni. Allo stesso tempo si osserva un dilagare dell'indifferenza. Molti italiani danno segno di essere stanchi di sentir parlare della coscienza non così pulita dei politici. Una dittatura morbida, la chiama lo scrittore Nanni Ballestrini. E intende l'intera società.

"Noi siamo già da lungo tempo, dall'inizio dell'era Berlusconi, in questa fase di decadenza. Travaglio ha raccontato una cosa che non era affatto sconosciuta e che può essere verificata. Ma nessuno verifica perché agli italiani non interessa farlo. Al contrario: quando un politico si comporta in quel modo è intelligente e viene persino ammirato. Come Berlusconi, il cui fascino deriva anche dal fatto che abbia così tanti processi sulle spalle."

Nonostante ciò Berlusconi non gradisce quando in televisione si parla di questi processi. Nei canali da lui posseduti basta una telefonata per rimuovere una notizia critica nei suoi confronti. Nella televisione pubblica la sua influenza non è così diretta, ma è tuttavia palpabile. In Italia infatti i partiti al governo nominano nelle posizioni di dirigenza della RAI persone di fiducia. E presto questi posti verranno nuovamente riassegnati.

(a cura di Francesco Scalo)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

E' un vero peccato che in Italia non ci sia libertà di informazione e che articoli così chiari e semplici non ci possano essere!! Solo cronaca nera e "terrorismo mediatico". Complimenti per il vostro blog utilissimo!!!

Alessandro
arerama@vodafone.it

Imagine ha detto...

LEGGETE, E' IMPORTANTE!!!

Per una davvero libera informazione, combattiamo la CENSURA nascosta, latente, vigliacca attuata ai danni dei giornalisti meno protetti, che non possono avere un efficace riscontro mediatico.

Uno di questi è PAOLO BARNARD, giornalista free-lance ed ex collaboratore di Milena Gabanelli per "Report".

Nell'articolo 'Censura Legale' Paolo Barnard ci racconta come, in seguito ai due servizi scomodi Little Pharma e Big Pharma (2001) sulle pratiche criminose delle case farmaceutiche sia stato trascinato in giudizio nel 2004 e sia stato abbandonato al suo destino. Infatti in quella circostanza la RAI si prese cura solo della Gabanelli (anch'essa citata in quanto collaboratrice di Barnard) togliendola dai guai giudiziari grazie al lavoro di un importantissimo studio legale di Roma, e lascio' Paolo senza difesa, chiedendo addirittura di imputare a lui solo ogni accusa ed ogni eventuale risarcimento (in virtu' di una clausola contrattuale di manleva). Come se non bastasse un anno dopo la RAI manda a Barnard un atto di costituzione in mora, per cui la rete televisiva dichiara l'intenzione di rifarsi su Barnard nel caso perda la causa.

QUESTA E' LA CENSURA PIU' DIFFUSA, ESCLUSA DA OGNI "EDITTO BULGARO", SILENZIOSA, NASCOSTA...


FIRMATE LA PETIZIONE CONTRO LA CENSURA LEGALE, PER AIUTARE PAOLO BARNARD E TUTTI GLI ALTRI GIORNALISTI SENZA PROTEZIONE. per altre info e per firmare:

http://www.ipetitions.com/petition/Controlacensuralegale01/















ifattisonofatti.blogspot.com
ambasciatadelcittadinolibero.blogspot.com

Anonimo ha detto...

Veramente utile sapere cosa pensano di noi i nostri vicini.....purtroppo spesso e giustamente pensano male!
Comunque molto bravo, complimenti!

Anonimo ha detto...

A suo tempo ho avuto modo di raccontare la storia del disastro di Ustica in un primo libro intitolato AI MARGINI DI USTICA e, all’esito del processo sui presunti depistaggi a carico dei generali, in un altro libro con titolo AI MARGINI DI USTICA 2 – IN TUTTA OMERTA’.
( www.studiolegalebrogneri.it )
Il tema della libertà di stampa ricorre in entrambi i volumi sotto diversi profili. E pertanto, sperando di contribuire ad alimentare l’interessante dibattito, riporto un passaggio tratto dal secondo testo.

Dal libro “AI MARGINI DI USTICA 2 – In tutta omertà”
LIBERTA’ DI STAMPA
… Mannucci tradiva nel corso del dialogo una certa preoccupazione, e la questione mi procurava dispiacere. Non volevo creargli problemi con l’editore, e tuttavia mal sopportavo di essere stato gabbato. Quella sua proposta di rettifica, mediante pubblicazione di un trafiletto, non mi pareva in ogni caso adatta a rimettere le cose al loro posto. La rifiutai con decisione.
- Assolutamente no. - Risposi - Le sembra la stessa cosa? Chi mai andrà a leggerla così relegata in quello spazio? E sul resto? -
- Cosa c’è di più? - Domandò Mannucci.
- Non è il momento di approfondire, ma non le pare che anche il contenuto lasci a desiderare? -
- Cos’è che non va?! Ho riportato il suo pensiero in sintesi –
- Lei non si rende conto che già lo stesso titolo “credevo di aver visto l’aereo libico ma si trattava di un Mirage francese” fa intravedere una mia grave incertezza? –
Mannucci fu costretto a improvvisare una diversa interpretazione, ma non riuscì a convincermi.
- Lei, avvocato, è accecato dalla passione per Ustica, e questo le fa onore. Nondimeno, io credo che lei stia vedendo il diavolo là dove non c’è peccato -
- Resto della mia convinzione. Il suo obiettivo era di attaccare i magistrati evidenziando alcune loro manchevolezze sulla tipologia del mio aereo - Gli contestai.
- Non vedo nessuna discordanza sostanziale. Ho in fondo sintetizzato il suo pensiero e glielo dimostro. Lei dice… ecco: “Non posso accusare di malafede i giudici”-
- Visto? Non c’è proprio nel suo articolo. Non è stato riportato di proposito – Dissi imbronciato.
Mannucci balbettò parole senza senso e, per l’imbarazzo, pareva proprio volesse imprecare contro qualcuno. Sembrò alla fine convincersi che qualcosa non era andato per il verso giusto e cedette accettando la mia nuova proposta di scrivere un secondo articolo in tempi brevi e prima della seconda udienza dibattimentale fissata per il 16 ottobre. Anche sotto tale profilo, però, rimase inadempiente, costringendomi a una azione giudiziale avanti al Tribunale di Roma.
- Non me lo aspettavo! – Esclamò a telefono - Lei può avere ragione sul fatto della mancata pubblicazione del secondo articolo, ma la verità è che, per una emergenza, non ho avuto la possibilità di presenziare alla seconda udienza del processo. E io in ogni caso non avevo capito che quello suo era un termine ultimativo -
- Non è colpa mia però. Credevo di essere stato chiaro – Gli risposi.
- Quel che mi ferisce nella sua citazione, – soggiunse Mannucci - è che lei metta in dubbio la mia professionalità alludendo al fatto che io avrei servito quei soggetti interessati a occultare la verità su Ustica perché potenti o perché insediati nel mondo politico ed editoriale -
- Ho leso la sua dignità professionale? Bene, il suo avvocato saprà come chiedere i danni -
- Infatti, è quel che farò. Perché non è giusta la sua pretesa di indurmi a pubblicare una cosa, più o meno grave, senza il conforto di uno straccio di prova. Allora, se vuol farmi dire che non le hanno pubblicato il libro perché questo faceva paura a chi in Italia comanda la P2, e se sostiene che io, a mia volta, avrei avuto paura di informare la gente, lei mi offende e per questo chiederò i danni per diffamazione -
- No, io non ho inteso dire questo. - Chiosai con indifferenza - Io mi sono lamentato della sua decisione di appiattirsi alla volontà di qualcuno, e sono pronto a subirne le conseguenze giuridiche -
La discussione assunse subito i toni della polemica rovente con contestazioni e invettive intercalate a larvate promesse di inasprimenti in sede giudiziaria.
- Lo vuol capire che ho difficoltà a convincere la Direzione? Se dipendesse da me l’avrei già fatto! Sono loro che temono di dover poi fronteggiare una reazione della Mondadori. E questa potrebbe essere per diversi miliardi. -
- Non m’importa! Posso provare ogni affermazione. Ritirerò la causa solo dopo il rispetto dell’accordo – Dissi deciso.
- Io non scrivo nulla su commissione! - Reagì il giornalista con fermezza.
- Lei no, altri invece… -
- Si riferisce ai miei colleghi? -
- Sto pensando al libro di Paolo Guzzanti.- Ironizzai sogghignando - Era stato confezionato e pubblicizzato col titolo “Ustica verità vietata”, ma poi l’editore Bietti lo mandò alle librerie col titolo di “Ustica verità svelata”. Dopo averlo letto, ho pensato al grande travaglio interiore dello scrittore -
Mannucci non apprezzò e non reagì. Le posizioni restarono immutate.
Accettando la mia proposta di procedere per gradi, egli probabilmente non aveva alcuna riserva mentale. In fondo, devo riconoscere che il suo era stato un approccio signorile e tipico della persona corretta. Chi allora può averlo indotto a rimangiarsi l’accordo? A giudicare dalle sue argomentazioni e giustificazioni telefoniche, il sospetto che egli possa avere subito un’influenza esterna, magari non gradita, è legittimo. Cosa poi potessero temere in particolare sia il Mannucci che << Il Tempo >> dall’esecuzione puntuale e doverosa del contratto, può essere desunto dalla dichiarazione che egli ha rilasciato al giudice istruttore del Tribunale di Roma. A domanda del dottor Giovanni De Petra, che intendeva conoscere i motivi della mancata pubblicazione della risposta alla sedicesima domanda, il Mannucci ha dichiarato che non voleva essere “esposto ad azioni legali …” da parte di “… specificati soggetti del campo editoriale”. Il riferimento era dunque alla Mondadori e non poteva essere diversamente a giudicare dalla mia risposta alla sedicesima domanda ripudiata. Vediamone ora il contenuto.
Domanda n.16:
“Lei si è più volte lamentato di un sospetto ostruzionismo da parte delle case editrici rispetto alla pubblicazione del Suo libro << Ai Margini di Ustica >>. Chi poteva aver paura, secondo Lei, del Suo manoscritto? E perché?”
Risposta:
“Giudichi Lei allora! Il mio testo aveva superato brillantemente il primo vaglio della segreteria letteraria della Mondadori ed era stato trasmesso alla redazione della narrativa per una valutazione diretta del direttore editoriale. Quest’ultimo, avendolo trovato interessante e meritevole, lo passò ad un consulente esterno per un dettagliato giudizio di lettura e, all’esito, assunse la decisione definitiva di pubblicarlo. Ad impedire la pubblicazione giunse però il veto inspiegabile del Comitato esecutivo presieduto, se non erro, da Marina Berlusconi. Cosa può aver determinato il veto del predetto Comitato non mi è chiaro. Il sospetto è tuttavia grande, specie se rapportato ai condizionamenti evidenziati dalle altre case editrici contattate. Come vede, trattasi di un problema serio che in un certo senso ne sfiora altri, anche di grande attualità e interesse. Perché tanta paura? La giustificazione delle possibili conseguenze legali può reggere per i piccoli editori. Ma per la Mondadori, no.”
La Mondadori di Berlusconi. Ecco lo spauracchio! Chi poteva osare tanto?
A prescindere dalle questioni squisitamente giuridiche sul valore contrattuale delle trattative telefoniche intercorse e dell’indubbia essenzialità dell’impegno sulla sedicesima domanda, quel che deve essere puntualizzato è che io non avevo uno scopo personale, come si è poi cercato di insinuare, ma volevo solo provocatoriamente far sì che emergessero con chiarezza, e finalmente, quali interessi potessero aver indotto taluni soggetti e forze politiche a remare contro l’accertamento della verità sulla strage di Ustica. Questo era il mio obiettivo. Dalla mia risposta alla sedicesima domanda dovevano e potevano scaturire alcune riflessioni anche sul tema, sempre di grande attualità, della libertà di stampa; un argomento che tocca da vicino la deontologia dei giornalisti e l’etica degli stessi editori, perché le regole che impongono di garantire il diritto del cittadino ad un’informazione corretta e meno appiattita ad interessi di parte vanno osservate in ogni caso, indipendentemente dall’orientamento politico di chicchesia.