sabato 28 giugno 2008

In Francia come in Italia il socialismo si cerca…










Le Figaro, 5.6.08


Per Yves-Charles Zarka, i tentennamenti dei socialisti francesi, ridotti a dichiararsi liberali, è prova del loro smarrimento. Il filosofo constata che, in Italia, il ricorso ad un’altra corrente di pensiero fu fatale ai socialisti.
[articolo originale qui]

Che il socialismo, che per tanto tempo si è caratterizzato per la sua forza intellettuale atta a rinnovare le problematiche sociali, sia attualmente in uno stato di drammatico vuoto concettuale, chiunque lo può constatare, e non solamente in Francia, ma anche altrove nell’Europa dell’Ovest e, per fare l’esempio di uno dei nostri più prossimi e cari vicini, in Italia. In Francia, l’assenza di idee e, di conseguenza, di un convinvente progetto politico specifico si traduce nella moltiplicazione delle ambizioni personali, ciascuno non vede perchè non potrebbe meglio degli altri sbrigare le stesse funzioni, avendo la stessa scarsa quantità di idee. In Italia, lo stato di disincanto della sinistra è ancora più profondo: non solamente non ci sono idee, ma non c’è nemmeno un leader credibile. Nelle ultime elezioni, non c’era alcuna vera alternativa a Silvio Berlusconi. E’ per questo che molti dei suoi avversari di sinistra hanno preferito rifugiarsi nell’astensionismo piuttosto che votare per Walter Veltroni, che è una specie di insipida copia di Berlusconi.

Ma c’è forse cosa più grave di questa: i socialisti, almeno alcuni fra loro, di entrambi i lati delle Alpi, sembrano aver dimenticato i principi che reggono la corrente ideologica e politica della quale fanno parte. Non si tratta solamente di aver dimenticato le origini, ma anche i principi fondamentali. Questa dimenticanza si manifesta in maniera abbastanza diversa. In Francia, recentemente, Bertrand Delanoë (sindaco di Parigi e candidato alla guida del Partito Socialista) ha fatto prova di grande audacia intellettuale proclamandosi « liberale e socialista ». Si è accusato a torto il liberismo, disse! Il liberismo classico, quello di Benjamin Constant e di Alexis de Tocqueville, non è il neoliberismo selvaggio. Complimenti, questa audace difesa del liberismo politico doveva essere fatta, in un’epoca dove la nozione di liberismo è stata così falsata da essere diventata uno spauracchio elettorale. Non si può dunque che salutare questa uscita del sindaco di Parigi.

Ma il vero problema non è là. Se Bertrand Delanoë ha mille volte ragione nel dire che il liberismo politico non è il neoliberismo finanziario, il liberismo politico diventa compatibile con il socialismo? Tocqueville, al quale si riferisce il sindaco di Parigi, aveva mostrato come la democrazia americana, e in verità ogni democrazia, è divisa tra i suoi due principi fondatori : la libertà e l’uguaglianza. Questo perchè, a seconda che si prenda per fondamento di un progetto politico la libertà individuale o l’uguaglianza collettiva, si finirà sempre su dottrine opposte: il liberismo o il socialismo. Il primo parte dall’individuo e pensa al sociale in termini di equità, il secondo parte dal collettivo e pensa al sociale in termini di uguaglianza, che è molto differente. Si può scegliere uno o l’altro, ma non entrambi, senza introdurre una grande confusione. I socialisti diventati liberali rischiano di perdere le loro tradizioni e le loro anime.

Poco fa dicevo che il disincanto italiano è profondo. Infatti sembra che la sinistra italiana abbia perduto la sua tradizione e la sua anima da molto tempo. Questo processo è iniziato, come sempre, sul piano intellettuale. Quello che succede nella realtà inizia spesso nel pensiero. Cercando di reinvigorire l’antiliberismo d’ispirazione marxista, gli intellettuali di sinistra hanno cercato riparo da un pensatore tedesco, Carl Schmitt, radicalmente antiliberale certo, ma anche rigido conservatore e che fu tra l’altro, durante la seconda guerra mondiale, un dignitario nazista.

E’ incredibile, ma vero. La sinistra italiana si è incarnata in Carl Schmitt. Il signor Schmitt è un docente universitario, sostenuto con un accanimento sconcertante da una gran parte di intellettuali di sinistra tra i più influenti. Per fare un semplice esempio, ma significativo, La Repubblica, quotidiano autorevole e di sinistra, è diventato in questi ultimi anni l’organo di difesa di Carl Schmitt. Alcuni intellettuali, come per esempio Antonio Gnoli e Franco Volpi, la usano come due cecchini per combattere tutti i pensatori liberali che rimettono in causa il carattere pericoloso e antiliberale di Carl Schmitt.

Gian Mario Cazzaniga, attualmente professore all’università di Pisa, che fu per molto tempo un personaggio importante delle vita intellettuale e politica della sinistra italiana, un giorno mi parlò di questo fenomeno : la sinistra italiana è diventata schmittiana e poi è morta. Ci resta da sperare che per un cammino certamente opposto, ma molto più onorevole, cioè diventando liberale, la sinistra francese non faccia la stessa fine di quella italiana. Sarebbe contrario allo spirito del liberismo diventare un pensiero unico.

(traduzione di Enrico Favaro)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ho ben capito la parte che riguarda il pensiero di Tocqueville, ma mi sembra comunque che sia un po' schematica, nonché portatrice di opinioni in ogni caso discutibili.

E poi, forse bisognerebbe dire a Zarka che "la Repubblica" non è un quotidiano di sinistra...

A parte questo, gli spunti iniziali mi sembrano molto interessanti.

Anonimo ha detto...

[ehm, segnalo che il link all'articolo originale è errato]

Ciarciagallo ha detto...

@ dottorCarlo

Grazie adesso l'ho corretto!