giovedì 12 giugno 2008

Riforme in Italia (parte 2/2)






The Economist, 29.5.08


[articolo originale qui]
Prima parte qui


Piano piano lo fa

Berlusconi sta valutando di abolire la tassa sull’eredità che il governo precedente ha reintrodotto sui grandi patrimoni. Tuttavia, questo provvedimento non è affatto urgente e sembra essere un obbiettivo a medio-termine. L'Italia ha tasse relativamente alte sul lavoro e sui redditi, mentre gli investimenti sono tassati solo al 12.5%, la tassa sull’eredità quasi non esiste e le tasse sulle proprietà sono sotto la media internazionale. Questo sistema mostra una tendenza contraria al movimento della pressione fiscale in altre grandi economie sviluppate – dove si sta muovendo dal capitale e dal lavoro alla proprietà e al consumo – con lo scopo di attirare investimenti e forza lavoro qualificata. Questa resistenza potrebbe essere spiegata dalle tendenze demografiche in Italia, dove le famiglie sono sempre più piccole. Per loro la conservazione dei beni accumulati potrebbe essere cosniderata più importante delle entrate attuali, anche se le politiche che proteggono questa preferenza, probabilmente, vanno a discapito della competitività.


Altrove, un nuovo governo avrebbe potuto fare un tentativo per rianimare le riforme per gli investimenti (supply-side economics, ndr) iniziate dall’amministrazione precedente, come, per esempio la liberalizzazione dei settori di servizi esentasse. Probabilmente la cautela prevarrá, dato che molti settori in questione costruiscono la base elettorale della coalizione al governo. Prima delle elezioni l’alleanza di Berlusconi ha garantito di bloccare il finanziamento pubblico nel settore privato, anche se il recente intervento nella vendita dell’Alitalia, la compagnia di bandiera sommersa da debiti e controllata dallo stato, all’Air France–KLM ha suscitato dubbi riguardo le intenzioni del governo in merito. In ogni caso, ci sono ancora alcune società da privatizzare dopo la politica di privatizzazione degli anni ’90.


Più incoraggiante sembra la possibilitá che il governo mostri una maggiore determinazione nell’impegno di alzare la produttività degli impiegati del settore pubblico e di favorire la competizione con il settore privato nel fornire servizi pubblici. I governi precedenti hanno progettato l’introduzione di provvigioni per migliorare l’efficienza dei lavoratori del settore pubblico, ma questi interventi non sono mai stati applicati. La volontà della nuova coalizione nell’ignorare la ferma resistenza dei sindacati del settore pubblico per poter cambiare in questo argomento si dimostrerà un test dell’impegno per la riforma economica.


Dissenso del Nord


Per la coalizione la maggiore fonte di instabilità rimarrà la Lega Nord, guidata da Umberto Bossi, partito dedito all’anti-immigrazione e protezionismo e vincitore sorprendente delle elezioni del mese scorso. Il partito regionale, il cui maggiore supporto è del ricco nord del paese, ha quasi raddoppiato i suoi risultati rispetto a due anni fa, raggiungendo la quota di 8 %, guadagnando così ben 60 seggi alla Camera dei Deputati (dai 26 del 2006), e 25 al Senato. I voti del partito sono fondamentali per Berlusconi se vuole avere una comoda maggioranza in entrambe le camere.


Sin dalle elezioni la Lega sta cercando di massimizzare la sua influenza nel nuovo governo. Schiacciando l'acceleratore sulla base dei notevoli risultati ottenuti alle elezioni, il partito è riuscito ad ottenere quattro ministeri, inclusi quelli degli Interni e delle Riforme, Roberto Maroni e Bossi rispettivamente. Queste nomine daranno alla Lega controllo su diverse aree dove le politiche del partito sono le più controverse, cioè il federalismo fiscale, l’immigrazione e la sicurezza pubblica. Un nuovo pacchetto legislativo, contenente leggi più severe sull’immigrazione compresi anche i cittadini europei, infatti, ha già causato tensioni, quando nella metà del maggio è stato presentato dal ministro Maroni. La Lega si è opposta a collaborare con l’opposizione di centro-sinistra sulle indispensabili riforme istituzionali ed elettorali. Potrebbe anche impedire di ottenere un consenso bipartisan su qualsiasi argomento.


Il governo potrebbe incontrare notevoli difficoltà nel delegare la facoltà di tassazione ad autorità locali e regionali – caposaldo del programma elettorale della Lega Nord. Altri elementi della coalizione, più precisamente AN, potrebbero cercare di rallentare qualsiasi cambiamento con l’obiettivo di mantenere un livello alto della solidarietà fiscale tra le regioni ricche e povere. Lo scopo è quello di portare allo stesso livello il potere di acquisto di autorità locali e regionali con il potere di tassazione. Questo atto potrebbe migliorare l’efficacia e funzionamento della pubblica amministrazione. Ma, date le tensioni fra i partner della coalizione sulle questioni del federalismo fiscale, c’è il rischio che le misure possano essere disegnate male ed applicate peggio, causando un deterioramento nei conti pubblici dell’Italia.

(si ringrazia Réka per la collaborazione)

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