
Le Monde, 21.11.08
[articolo originale di Philippe Ridet qui]
La televisione pubblica italiana dà un’ immagine inesatta della realtà? A questa domanda, Silvio Berlusconi ha già risposto di sì. Egli le rimprovera, in questi tempi di crisi, di “diffondere l’angoscia e il pessimismo” quando invece “dovrebbe cooperare affinchè le cose migliorino”. “Farò tutto il possibile perché le televisioni non siano mediatori d’ansia”, ha spiegato qualche giorno fa.
Il suo amico e cofondatore di Forza Italia, il senatore Marcello Dell’ Utri, si è preso anche lui la libertà di fare questo commento: “In televisione, ci sono presentatori che hanno facce un po’ gotiche, un po’ cupe. Il direttore dovrebbe dare prova di un maggiore spirito di finezza”. “La RAI non è una proprietà di Berlusconi”, ha ricordato l’associazione dei giornalisti della rete pubblica.
Ma ciò che irrita più di tutto il presidente del Consiglio, sono le trasmissioni di dibattiti o di satira politica, molto numerose in Italia. “Ogni giorno, su tutti i canali, mi prendono in giro. Questa consuetudine diventa insopportabile. Deve finire”, ha rivelato. “Non andremo mai più in televisione per farci insultare”, ha detto ai suoi ministri. Un oukase piuttosto poco rispettato. Compreso da se stesso.
Martedì 18 novembre. Mentre la trasmissione di dibattito politico “Ballarò” su RAI 3 volgeva al termine, il presidente del Consiglio si è autoinvitato a telefono per sfidare uno dei suoi avversari, Antonio Di Pietro, presidente dell’ Italia dei valori (IDV), che lo aveva accusato precedentemente di essere un “corruttore politico”: “Si presenti dinanzi ad un magistrato per denunciarmi, altrimenti sarò io a trascinarla in tribunale per calunnia”.
Intrusione? Di nuovo. In passato, Berlusconi è già intervenuto a più riprese in maniera improvvisa nelle trasmissioni alle quali non era stato invitato. Pressione politica? Anche questo è un modo, per lui che possiede un impero televisivo (Mediaset), per mostrare che alla RAI è come a casa sua.
Questi cenni di nervosismo si verificano in un momento in cui Berlusconi deve far fronte alla protesta di piazza e ad una grave crisi economica. Se la sua popolarità si manteneva intorno al 60%, il presidente del Consiglio ha perso qualche punto durante le manifestazioni studentesche all’inizio di novembre contro la riforma dell’ educaziuone del ministro della pubblica istruzione, Mariastella Gelmini.
Campo di battaglia
Inoltre, la prospettiva di una lunga crisi accompagnata al rischio di un ritorno all’ “antipolitica” lo preoccupa. Essere il bersaglio di imitatori e fantasisti non è il modo migliore per diventare un giorno -è questo il suo sogno- presidente della Repubblica, una delle figure più rispettate della penisola. Tutto ciò spiega questa nuova offensiva contro la televisione pubblica e questo tentativo di controllo della sua immagine e della presentazione del suo operato. “La televisione diventa nuovamente il campo di battaglia della politica”, scrive il politologo Ilvio Diamanti nel quotidiano La Repubblica.
Per ora, si tratta solo di pressioni e di minacce. In passato, Berlusconi ha dimostrato di saper andare più lontano e più forte. Nel 2002, aveva chiesto -e ottenuto- la testa di due giornalisti, tra cui il rispettatissimo Enzo Biagi.
Alcune intercettazioni telefoniche hanno rivelato che tra il 2001 e il 2006 alcuni collaboratori Mediaset erano stati collocati alla testa della RAI per pilotare le strategie dei programmi della rete pubblica. Obiettivo: orientare l’ informazione in favore di Berlusconi.
Questi attacchi alla rete pubblica hanno luogo in un momento di grande incertezza relativa alla scelta del futuro presidente della commissione parlamentare di sorveglianza della RAI, un posto che deve ritornare all’ opposizione e che aprirà la strada ai futuri cambiamenti nella direzione delle reti.
Da luglio, i partiti di sinistra non riescono a mettersi d’accordo su un nome. Berlusconi ha dato il via libera affinché i membri di sinistra della commissione designassero un candidato di sinistra che non avesse l’ appoggio del suo partito. Il presidente del Consiglio, contento di seminare zizzania nell’ opposizione, si è, ovviamente, difeso da ogni intervento in questa questione.