Le Monde, 20.10.09
[articolo originale di Daniel Psenny qui]
"Mamma Rai", come la soprannominano gli italiani, sta passando un brutto periodo. Criticata per la sua parzialità, messa sotto pressione dalla politica e strozzata finanziariamente da Silvio Berlusconi da quando è tornato al potere nel 2008, la televisione pubblica cerca, bene o male, di resistere dall'interno. "Attraversiamo il periodo peggiore della nostra storia", spiega Alessandra Mancuso, giornalista del TG1 e membro del comitato di redazione eletto dai giornalisti. "Dal ritorno di Berlusconi, abbiamo sempre meno autonomia e indipendenza", afferma elencando la lunga lista di tutte le omissioni giornalistiche e delle prese di posizione della sua rete in favore del presidente del consiglio.
"Sulla Rai ci sono trasmissioni anti-Berlusconi sette giorni su sette", si difendono i fedeli del Cavaliere che, da sempre, vede la televisione pubblica come un "nido di comunisti". Esattamente come la carta stampata, "controllata all'85% dalla sinistra", secondo Berlusconi, il quale ha fatto causa reclamando 1 milione di euro dai quotidiani La Repubblica e L'Unità per la pubblicazione delle domande sulla sua vita politica e privata. "I media, e in particolare la televisione, sono la sua ossessione", osserva Alessandra Mancuso. "Il problema è che lui controlla direttamente la RAI, a capo della quale ha messo degli uomini di fiducia, oltre al fatto di essere proprietario, insieme alla sua famiglia, di tre reti private".
Televisione pubblica o televisione di Stato? Il problema, in Italia, è noto da anni. Che il potere sia stato in mano alla destra oppure alla sinistra, le relazioni tra i politici e la RAI sono sempre state molto intense. Fino agli anni 90, la Democrazia Cristiana (al potere ininterrottamente dal 1945) si era appropriata di Rai Uno, mentre il Partito Socialista aveva Rai Due; Rai Tre, creata nel 1979, era stata lasciata al Partito Comunista Italiano, e rapidamente soprannominata "Tele Kabul". Questo accordino tra i politici era stato votato in Parlamento sotto il principio della "lottizzazione" per garantire il pluralismo del servizio pubblico. La sparizione di questi partiti, coinvolti nella tormenta della corruzione all'inizio degli anni '90, non ha interrotto il principio della lottizzazione.
I partiti politici in Italia controllano ancora i tre canali pubblici. Ma l'irruzione sulla scena politica di Silvio Berlusconi ha cambiato le carte in tavola. Dopo la sua prima vittoria alle elezioni del 1994, alcune voci a sinistra hanno denunciato il conflitto di interessi ma, da allora, nessun governo è riuscito a regolamentarlo. "È stato un grave errore politico che ora stiamo pagando caro", riconosce Nino Rizzo Nervo, in quota centro-sinistra al consiglio d'amministrazione della RAI. "Tra il 1997 e il 1999, avevamo una maggioranza legislativa per mettere fine a questo conflitto di interessi, ma non ne abbiamo avuto il tempo", prosegue senza essere molto convincente.
Incoraggiato dalla sua grande popolarità, Silvio Berlusconi non ha difficoltà a scagliare violente offensive per il controllo della televisione pubblica. La RAI è diventata il suo giocattolo. Vi nomina dei suoi fedelissimi a capo, interviene nel palinsesto e la strangola finanziariamente decidendo, ad esempio, di non aumentarne il canone, uno dei più bassi d'Europa. Ultimamente, ha anche imposto un'alleanza tra la RAI e il suo gruppo Mediaset per contrastare l'espansione di Rupert Murdoch in Italia. Quando ci sono delle notizie delicate sulla sua vita pubblica o privata - e gli episodi in questi ultimi mesi non sono mancati - il presidente del consiglio si autoinvita in televisione "per spiegarsi". Non su una delle sue reti private (Canale 5, Italia 1 e Rete 4), che mischiano informazione e propaganda, ma sulla RAI, che rappresenta la metà del mercato televisivo. Secondo numerosi studi, il 70% degli italiani si informa tramite la televisione. Il TG1 riunisce ogni giorno 7 milioni di telespettatori e resta una delle principali fonti di informazione degli italiani.
"Buon compleanno! Qui siete a casa vostra" gli ha detto, senza ironia, il presentatore del giornale del mattino di RAI uno, il giorno in cui Berlusconi ha compiuto 73 anni. Mercoledì 7 ottobre, appena poche ore dopo la sentenza della Corte Costituzionale che gli ha tolto l'immunità giudiziaria, il premier ha telefonato alla trasmissione "Porta a Porta", su RAI Uno, dove il conduttore Bruno Vespa lo accoglie sempre a braccia aperte. Denunciando "le toghe rosse", "la giustizia di sinistra" e "la persecuzione" di cui si dice vittima, Berlusconi si è anche permesso di insultare Rosy Bindi, vicepresidente della Camera dei deputati, che lo stava contraddicendo. "Siete più bella che intelligente", ha ammonito senza che nessuno si opponesse in trasmissione. "Evidentemente, io sono una donna che non è a vostra disposizione", ha replicato la deputata del Partito Democratico, riferendosi allo scandalo delle call-girls nel quale è implicato il presidente del consiglio. Il giorno dopo, una petizione online lanciata dai movimenti femministi ha raccolto migliaia di firme in sostegno di Rosy Bindi.
Questa deriva non è che una tra le tante. Il comitato di redazione di RAI Uno ha deciso di stilarne un libro bianco. Il 3 ottobre, una manifestazione per la libertà di stampa ha riunito più di 100mila persone a Roma, al grido di "Siamo tutti farabutti", termine con il quale Berlusconi ha designato alcuni giornalisti RAI. Augusto Minzolini, direttore del TG1, imposto in quel ruolo dal Cavaliere, si è allora schierato in diretta affermando che quella manifestazione era "incomprensibilmente diretta contro Berlusconi". Qualche ora prima, il capo del governo aveva definito l'evento "una farsa assoluta". Tensioni all'interno della redazione, dove i giornalisti, di destra come di sinistra, hanno ottenuto che il CDR esponga un punto di vista opposto a quello di Minzolini.
Convocato dal comitato di vigillanza RAI, il direttore del TG1 se l'è cavata con una ramanzina. "Voi state al giornalismo come la sedia elettrica sta alla verità", ha ironizzato l'ex giudice Antonio di Pietro, fondatore dell'Italia dei Valori, a proposito di Bruno Vespa e Augusto Minzolini. Da allora, ordine è stato dato alle redazioni di RAI Uno di non diffondere più immagini di Di Pietro delle attività del suo partito...
"C'è una reale volontà di ridurre la visibilità degli argomenti di scontro sociale, come l'omofobia, l'immigrazione o il razzismo" deplora Alessandra Mancuso. "La RAI non si comporta più come un servizio pubblico, ma come una concessione privata al servizio di un uomo." Il presidente del consiglio si è difeso con un gioco di parole: "Se parlo in televisione, è uno scandalo, se vado su un altro canale sono un dittatore, se vado su un terzo siamo in un regime autoritario, e se vado su un quarto è un crimine", ripete quando gli si pone il problema.
"Non siamo ancora in una dittatura sudamericana", getta acqua sul fuoco il giornalista Enrico Mentana, ex mezzobusto di Canale 5, dal quale si è dimesso dopo 18 anni di servizio in seguito a un disaccordo sulla linea editoriale. Oggi disoccupato, ha lavorato per anni alla RAI e conosce bene le problematiche dell'azienda. "La RAI è sempre stata un terreno di conquista politico, ma la libertà si prende se si decide di farlo. Più che di censura, si tratta di autocensura. In Italia, i giornalisti possono dire tutto su Berlusconi, ma si tratta il più delle volte di una visione manichea. Sono lo specchio della nostra vita politica. Con la quasi sparizione della sinistra, sono ormai i giornalisti che hanno preso il controllo e giocano il ruolo dell'opposizione".
È il caso di Michele Santoro, giornalista politico e conduttore di numerosi programmi RAI, che è stato reintegrato su RAI Due nel 2005 dopo un processo. Nel 2002, il giornalista era stato licenziato dopo che Berlusconi, di ritorno al governo, l'ebbe accusato di fare "un uso criminoso della televisione pubblica". Dal suo reintegro, il direttore di RAI Due sottolinea che Santoro è solo "ospitato" dalla sua rete. Lontano dal soccombere, Santoro ha ripreso la sua crociata contro Berlusconi. La sua trasmissione settimanale "Anno Zero" registra record d'ascolto, nonostante il boicottaggio della direzione che ha sospeso i contratti dei giornalisti che vi collaborano.
Alla fine di settembre, più di 7 milioni di telespettatori hanno seguito il servizio sulle ragazze squillo che frequentavano le feste del premier italiano. E per la prima volta, Patrizia D'Addario, la call-girl che ha passato una notte con il Cavaliere prima di essere candidata su una lista berlusconiana al consiglio municipale di Bari, ha dichiarato che Silvio Berlusconi "sapeva che mestiere facessi", cosa che il Cavaliere ha sempre negato. Proteste il giorno dopo sulla stampa pro-Berlusconi, che ha invitato gli italiani a non pagare più il canone, ribattezzato "tassa Santoro".
"Viviamo in un'atmosfera nauseabonda", afferma Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, ricordando che l'Istituto internazionale della stampa ha esortato l'Italia a "ristabilire in fretta dei meccanismi che garantiscano l'indipendenza editoriale della radiotelevisione pubblica". Durante la manifestazione per la libertà di stampa, Roberto Saviano, autore di Gomorra, minacciato di morte dalla Mafia napoletana, ha ricordato che "la verità e il potere non coincidono mai".
(a cura di Dario Ingiusto)
3 commenti:
La situazione è veramente avvilente -.-
solo rammarico e vergogna -.-
Se si pensa poi che Porta a Porta è registrato, ci si chiede come il Cavaliere (?) abbia potuto intervenire in diretta. Forse che qualcuno lo teneva informato o addirittura stava seguendo la trasmissione in fase di registrazione. Da paura.
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