giovedì 11 marzo 2010

In Italia un ministro malmena un giornalista











Le Figaro, 10.3.10


[articolo originale qui]


Un giornalista che ha cercato di interrogare Silvio Berlusconi durante una conferenza stampa tenutasi stamani a Roma è stato trattenuto fisicamente dal Ministro della Difesa, che lo ha fatto rimettere a sedere senza troppo garbo.

Mentre il Presidente del Consiglio attendeva domande dopo la sua conferenza stampa sulle elezioni regionali, Rocco Carlomagno, presentatosi come giornalista freelance, ha urlato la sua domanda senza aspettare il proprio turno. Ciò non ha di certo fatto piacere a Berlusconi che ha dato al perturbatore del villano.

Il giornalista, però, non si è scoraggiato ed ha continuato a fare domande al Premier, tanto da causare l'ira del Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che gli si è avvicinato per poi prenderlo per la giacca e forzarlo a sedere, dicendogli "stai zitto, cafone!".

Poco dopo, il giornalista ha tentato un'altra volta di porre domande al Premier, stavolta riguardanti il capo della protezione civile, Guido Bertolaso, coinvolto in un caso di corruzione. Berlusconi ha chiesto il nome al giornalista, prima di aggiungere "verrà querelato dal signor Bertolaso. Vergogna!". Il giornalista ha annunciato che querelerà il Ministro della Difesa per la sua "aggressione".

(traduzione a cura di AM)

martedì 9 marzo 2010

Il Popolo Viola contro Berlusconi









El País, 9.03.10


[articolo originale di Miguel Mora qui]

È risaputo che l'Italia sia questo posto così bello dove convivono senza problemi il peggio ed il meglio, il sublime ed il putrido. In mancanza di un'opposizione degna di questo nome, la rivolta democratica contro gli abusi e la valanga di leggi su misura di Silvio Berlusconi non poteva che essere virtuale, e sorgere dalla rete. Lì è nato il Popolo Viola, che in questi mesi ha riunito 236.000 fan su Facebook. Se controllate la pagina adesso, probabilmente vedrete molte adesioni in più, dal momento che il fenomeno cresce ogni secondo, al ritmo di 30 affiliati ogni cinque minuti.

Tutto ebbe inizio lo scorso dicembre, con il No B. Day, una nuova e diversa marcia su Roma alla quale aderirono quasi due milioni di persone. Tre mesi dopo il movimento, tanto caotico quanto rinfrescante per un'opinione pubblica anestetizzata, è per strada da quattro giorni protestando contro il tentativo di falsare le elezioni da parte del governo che il 5 marzo ha emesso un decreto salvaliste per le regionali, che riammette le liste del PdL che erano state escluse per difetti di forma. Ieri il Tribunale Amministrativo del Lazio ha negato la riammissione delle liste del PdL, che ne ha presentato di nuove approfittando del decreto. I giovani viola hanno definito questa giornata come "il giorno in cui morì la democrazia italiana" e continuano a chiedere spiegazioni per la firma del decreto a Berlusconi e al Presidente della Repubblica.

L'obbiettivo del movimento, secondo la pagina di Facebook, continua ad essere la difesa della democrazia e della Costituzione, e chiedere le dimissioni di Berlusconi. Ma l'attualità comanda, e la capacità di informare e di unire i dissensi vola alla velocità di Internet.

Pagine affini come San Precario Rivoluzione, La Costituzione non è una Troia o Resistere al Regime (8.400 affiliati) mostrano che i viola aspirano a demolire la cultura che paralizza il paese: la partitocrazia, la mafia (giorno 13 hanno organizzato un No Mafia Day in Calabria); la gerontocrazia, i sindacati, il Vaticano, la corruzione, il precariato...un po' come Berlusconi, ma al contrario, hanno diviso il mondo in due: gli onesti e gli amorali.

In questa fase di entusiasmo e tempesta di idee, il Popolo Viola offre soprattutto sfogo e informazione. Pubblica vignette e link a video critici e satirici; invita a boicottare le aziende che si fanno pubblicità sui canali di Berlusconi; cerca rifugio nei classici ("Il pastore cerca sempre di convincere il gregge che gli interessi delle pecore e quelli propri coincidano", Stendhal), e guarda al futuro con ambizione: "Abbiamo gli ingredienti, distribuiti in modo disordinato e magari invisibili. La magia consiste nel connetterli, aggregarli e creare una nuova civilizzazione", dice Gianni Webstep. Sarà il cosmopolita, dinamico, antipolitico e amorfo Popolo Viola una vera alternativa ai mali italiani? Finirà fagocitato da un'opposizione conformista e incapace di superare il suo panico? Verranno ingaggiati da Berlusconi? Difficile a dirsi. Come diceva Indro Montanelli, "gli italiani sono disposti a fare la rivoluzione solo se i carabinieri sono d'accordo". Ma i viola hanno un merito. Si sono ribellati contro il clima di nepotismo, ipocrisia, corruzione e disprezzo delle regole. E non sono ancora stati sconfitti dall'invincibile triumvirato Casta-Chiesa-Televisione.


lunedì 8 marzo 2010

Oscar europei 2010





























E il vincitore è....

Germania
Peggior attrice prestasoldi protagonista

Grecia
Peggiore colonna sonora ("Il Mio Grosso Grasso Debito Greco - il Musical")

Francia

Peggiori costumi in una performance di comando ("Togliti 'sta sciarpa!")

Italia
Attore farsesco più esuberante (sotto i suoi piedi: "Critiche")

Inghilterra
Peggior direzione dell'economia ("Parlamento impiccato")


(segnalato da nonleggerlo)

domenica 7 marzo 2010

La protesta pacifica del popolo viola dilaga in tutta Italia










El País, 7.03.10

Il movimento chiama a difendere la democrazia dopo il decreto di prepotenza (lett. "decretazzo", NdR) di Berlusconi. Il Corriere della Sera sostiene che il premier abbia trattato "brutalmente" il Capo dello Stato. La popolarità del Governo scende di quattro punti e tocca il suo valore minimo.

[articolo originale qui]


Il Popolo Viola, movimento pacifico in difesa della Costituzione nato nei social network, ha organizzato per oggi manifestazioni in tutta Italia per protestare contro il decreto approvato venerdì dal Governo e che riammette le liste del PdL escluse per motivi burocratici dalle regionali dei giorni 28 e 29.

A Napoli, Roma, Firenze, Ferrara, Arezzo, Sassari, Reggio Calabria, Bari, Pistoia, Messina, Pescara e altre città, migliaia di giovani con addosso indumenti viola - colore scelto come segno di indipendenza dai partiti - hanno letto i messaggi legati alla pagina del movimento (ilpopoloviola.it) attraverso Facebook e Twitter, per unire la protesta della rete e della strada.

Il Popolo Viola ha inoltre aderito alla manifestazione di sabato prossimo, organizzata dal centro-sinistra per mostrare la sua contrarietá al polemico decreto "salvaliste".

Al centro delle critiche rimane il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ieri ha giustificato la sua decisione di firmare il decreto in una lettera aperta ai cittadini nella quale rivelava che il caso ha generato "serie tensioni istituzionali".

Mentre Antonio di Pietro, leader di Italia dei Valori, continua a insistere sul fatto che Napolitano ha agito in modo "dannoso e inutile", perché ha firmato il decreto senza aspettare che i giudici decidessero sul ricorso del PdL, il centro-sinistra giustifica il presidente ricordando che la politica è l'arte del possibile, e che Napolitano non avesse altra scelta per "evitare situazioni di violenza".

In questo senso, è impressionante la ricostruzione che fa oggi il Corriere della Sera dell'incontro giovedì sera tra Berlusconi e vari ministri con Napolitano al Quirinale. L'idea di Berlusconi era che il presidente dovesse firmare un decreto chiaramente incostituzionale di rinvio delle elezioni, ma questi avrebbe rifiutato gatecoricamente. Quindi, secondo il quotidiano, il premier si è comportato in modo "brutale" col capo dello Stato, ricordandogli di essere l'unico capo votato dal popolo, e che la sua firma fosse solo un passaggio, formale e comunque obbligato. "Lo ha trattato, insomma, alla stregua di un segretario, un mero notaio", scrive il Corriere.

Berlusconi ha alzato la voce, ci sono state grida, e anche Napolitano avrebbe alzato il tono per replicare che se gli avessero mandato un decreto così, l'avrebbe rifiutato dichiarando un conflitto di competenze alla Corte Costituzionale. Berlusconi sarebbe diventato sempre più furioso, minacciando di portare le masse per le strade, lanciando anatemi contro le formalità e la burocrazia.


Dopo un'ora di discussione, il premier ha abbandonato il Quirinale e il suo ministro degli Interni, Roberto Maroni, avrebbe iniziato a cercare un compromesso: il decreto interpretativo. Solo ieri, dopo la firma del decreto da parte di Napolitano, che sostiene che questo non presenti indizi di incostituzionalità, Berlusconi ha telefonato al presidente della Repubblica per chiedere scusa. La convivenza pacifica e, forse, il futuro del sistema democratico italiano si sono persi per strada.

La fragilità dell'opposizione, ad ogni modo, esime Napolitano. Il centro-sinistra che in teoria difende e appoggia il presidente ex-comunista, di 84 anni, ha dimostrato ancora una volta la sua debolezza cronica e la sua mancanza di visione. Se avesse accordato con Berlusconi una soluzione politica al pasticcio, provocato dal partito della maggioranza ma dannoso anche per lei, ne sarebbe uscita rinforzata e Napolitano non sarebbe rimasto solo contro la violenza dell'imbufalito Berlusconi, giocandosi il proprio prestigio, l'equilibrio istituzionale e il suo ruolo di garante della Costituzione.

Ad ogni modo, il grande perdente in questa storia di abusi di potere e incapacità politica generale, in cui non ci sono innocenti, è Berlusconi. Un sondaggio del Corriere della Sera mostra oggi che il caso delle liste ha fatto scendere la popolarità del Governo al valore più basso di tutta la legislatura, a meno del 39%, perdendo quattro punti in un mese e più di dieci rispetto al suo massimo, dopo l'aggressione a piazza del Duomo lo scorso dicembre.

La flessione si manifesta principalmente tra gli elettori del PdL: 17 punti in meno, dal 93% al 76%. E riflette la disillusione crescente dei votanti della Lega Nord: dall'83% del mese scorso al 57% di oggi.


Il testo del "decretazzo"

La stampa italiana dedica oggi ampio spazio al decreto "su misura". Secondo il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky non si tratta di un decreto "interpretativo", come sostengono il Governo e lo stesso Presidente della Repubblica. A quanto dichiarato dal famoso giurista, ex presidente della Corte Costituzionale, a La Repubblica, il testo approvato ritocca la normativa esistente, contravvenendo così alla legge 400/88 che regola i poteri del Governo (non può emanare decreti urgenti in materia elettorale), oltre a violare i principi di uguaglianza e imparzialità perché cambia le regole del gioco elettorale in piena campagna e beneficia il partito più importante rispetto a terzi.

Il testo definitivo del decreto, nascosto con cura dal Governo la notte della sua approvazione, lascia poco spazio ai dubbi. Il primo articolo proclama che "il rispetto dei termini della presentazione delle candidature si considera 'valido' quando i delegati abbiano fatto il loro ingresso fisico nei locali del tribunale" (la qual cosa assolve le liste del PdL a Roma, presentate oltre la scadenza dal delegato che ha abbandonato il tribunale per cambiare alcuni nomi ed è poi tornato quando il tempo legale per la presentazione era scaduto).

Il secondo prevede che "le firme si considerano valide anche se abbiano irregolarità formali", punto che risolve in modo preventivo l'esclusione delle liste del PdL in Lombardia, presentate con 500 firme false, e che comunque sono state riammesse ieri stesso, senza tenere in considerazione il decreto, dal TAR.

Il terzo articolo reinterpreta la forma corretta di fare ricorso alla decisione dei giudici elettorali, e l'ultimo (incluso in caso gli anteriori non funzionino) fissa una nuova scadenza straordinaria per presentare le liste: domani, dalle 8 alle 20.

Zagrebelsky riassume: "Primo: un decreto su questo argomento non si sarebbe potuto fare. Secondo: agenti politici interessati modificano unilateralmente la legge elettorale e a loro favore. Terzo: si finge che sia una interpretazione, quando è evidente l'innovazione. E quarto: l'innovazione si fa con formule del tutto generiche che espongono le autorità giudiziarie, qualunque sia la loro decisione, all'accusa di parzialità".