venerdì 13 novembre 2009

La riforma giudiziaria di Berlusconi farà archiviare migliaia di casi












El País, 13.11.09


[articolo originale di Miguel Mora qui]


Il parlamento italiano ha vissuto ieri un'altra giornata tra il buffo e il drammatico. Mentre un'unità medica realizzava analisi antidroga ai deputati che lo richiedessero - novità introdotta dalla maggioranza per dare l'esempio -, i colleghi del Senato si sollazzavano con la nuova legge su misura di Silvio Berlusconi.

L'ultima trovata salva premier si chiama disegno di legge del Processo Breve, contiene solo tre articoli ed è stato presentato ieri a tutta birra, dopo 48 ore di lavoro febbrile nelle quali il sacrificato avvocato personale del premier, Niccolò Ghedini, ha potuto a malapena dormire. I giudici italiani calcolano che la nuova legge farà annullare 100.000 processi in corso.

La norma prevede che nessun processo penale, civile o amministrativo possa durare più di sei anni. Due anni per ogni grado di giudizio. Si applicherà ai crimini che prevedono pene di meno di dieci anni di carcere. Questi verranno automaticamente annullati se il giudice non emette una sentenza nei 24 mesi a partire dall'apertura del processo da parte dell'accusa.

La nuova legge, che la maggioranza conservatrice giustifica con l'obiettiva e insopportabile lentezza della giustizia italiana, si applicherà solo agli imputati che non siano stati condannati precedentemente. Tranne in un caso. Come richiesto dalla Lega Nord, che alla fine ha appoggiato la legge, gli stranieri accusati di immigrazione illegale, crimine punibile con una multa, non avranno diritto al processo breve. Verranno quindi messi sullo stesso piano degli imputati per mafia o terrorismo.

Presentato come un servizio di utilità pubblica, il disegno di legge causerà cambiamenti di proporzioni colossali, come avvisano l'opposizione e l'Associazione Nazionale Magistrati (ANM). Questa ha parlato della "probabile incostituzionalità" della norma e ha annunciato che avrà "effetti devastanti per il funzionamento della giustizia penale". La legge farà scattare di fatto la "depenalizzazione" di molti reati gravi e fornirà "impunità" alla gran maggioranza di reati di colletto bianco.

Le conseguenze per Berlusconi sono che i suoi processi in corso moriranno senza condanne: il caso Mills (in cui è accusato di corruzione) e il caso Mediaset (frode fiscale) sono iniziati nel 2005 e 2006, rispettivamente. Siccome per entrambi non c'è ancora stata una sentenza, questi sarebbero subito annullati. Decine di migliaia di altri processi, avvisano i giudici, li seguirebbero nel limbo.

La ANM ha elencato i reati che di fatto resteranno impuniti, perché sarà materialmente impossibile emettere una sentenza entro le nuove scadenze: "Abuso di ufficio, corruzione in sede giudiziaria, rivelazione di segreti ufficiali, truffa semplice e aggravata, frode comunitaria, frode fiscale, falso in bilancio, bancarotta fraudolenta, intercettazioni illecite, reati informatici, vendita di prodotti falsificati, traffico di rifiuti, vendita di prodotti pirata; sfruttamento della prostituzione, falsificazione di documenti pubblici, calunnia e falsa testimonianza, lesioni personali, omicidio per errore medico, maltrattamenti familiari, incendio, aborto clandestino".

Il nome della legge, chiamata Gasparri-Quagliarello per i senatori che la firmano, potrebbe essere "pagano i deboli, si salvano i ricchi". Anche giuristi vicini alla destra, come Antonio Baldassarre, si sono mostrati perplessi:" È (una legge) incostituzionale e vergognosa, mi sento soprattutto deluso in qualità di cittadino".

Il Partito Democratico ha reagito con furia. Il capogruppo dei senatori, Anna Finocchiaro, ha scagliato il testo contro un muro in conferenza stampa e ha detto: "La norma non si applicherà, per esempio, al furto aggravato. Per uno zingaro che ruba il processo sarà identico, ma casi come la truffa della Parmalat andranno nel cestino dei rifiuti".

Il partito di Berlusconi, il Popolo della Libertà, incalzato dai magistrati che hanno chiesto l'arresto di Nicola Cosentino, segretario di Stato dell'Economia, per complicità con la camorra, non rimane totalmente soddisfatto. Pianifica di approvare anche, tra le altre misure, l'immunità parlamentare.

(segnalato da Carolina)

mercoledì 11 novembre 2009

La coerenza culturale di Berlusconi












El País, 30.10.09


[articolo originale di César García Muñoz qui]

Se c’è una parola che definisce le reazioni fuori dall'Italia per l'atteggiamento dell'opinione pubblica italiana verso Silvio Berlusconi è la perplessità. Non si capisce come sia possibile che un primo ministro con due processi giudiziari in atto, coinvolto in scandali sessuali associati alla prostituzione e anche di droga e con un paese in piena recessione, abbia l'appoggio di almeno la metà dei cittadini.

La logica fa pensare che la colpa di questa si trova nel controllo che esercita sulla televisione pubblica e privata, così come la sua capacità di ostacolare la separazione dei poteri. Tuttavia, anche se certi, questi fattori non sarebbero la causa se non la conseguenza di altri fattori antropologici, così come il rapporto tra il modello mediatico e la cultura politica in Italia.

Alla fine degli anni Sessanta, l'antropologo olandese Geert Hofstede ha dimostrato, attraverso interviste su 100.000 lavoratori della IBM, in 70 paesi in tutto il mondo, il comportamento degli individui nel posto di lavoro è stato in gran parte dovuta a fattori connessi con la cultura.

Successivamente, dalla estrapolazione dei risultati di questa indagine, definisce cinque dimensioni culturali che costituiscono una spiegazione tecnica del motivo per cui alcune culture differiscono dalle altre. Di queste dimensioni si distinguono culture individualistiche o collettivistiche, culture più o meno tolleranti con l’ambiguità o la contingenza, culture più maschili o più femminili, culture in cui la distanza verso i potenti è più o meno marcata, e culture nelle quali gli individui sono più o meno pazienti nel raggiungere i loro obiettivi. Oggi, anche se relativamente poco conosciuto in Spagna, i testi di Hofstede sono studiati da molti dirigenti che vogliono familiarità con le pratiche commerciali in altri paesi.

Certamente, nel caso dell’Italia, due di queste dimensioni culturali diventano rilevanti per spiegare il comportamento di una parte significativa degli italiani verso Berlusconi. Il primo ricade nella mascolinità della società italiana. Mascolinità intesa, non tanto come la parità di generi, ma come la prevalenza di certi valori, che sono visti come maschile sul femminile. Valori considerati maschili sono la sicurezza in se stessi, la fiducia, una certa durezza degli atteggiamenti, il successo o la vittoria, solo per citarne alcuni. Sappiamo qualcosa di questo gli affezionati al calcio che hanno visto come la cosa più importante per i tifosi italiani è vincere,quasi a qualsiasi prezzo. Secondo la classifica di Hofstede, l'Italia sarebbe il quarto paese più maschilista al mondo a molta distancia della Spagna che avrebbe la posizione 38. Probabilmente, il comportamento di Berlusconi incarna in una certa misura la Società italiana, se qualcosa ha caratterizzato la sua carriera è stato quello di vincere a tutti i costi e condurre il mondo con la fiducia che trasudano i vincitori, un aspetto fondamentale da considerare in un la società delle apparenze, come l'italiana.

La seconda dimensione culturale che spiega l'atteggiamento degli italiani verso Berlusconi è il suo atteggiamento verso il potere (power distance). Questo concetto parla in primo luogo in che misura gli italiani concordano sul fatto che le distinzioni di rango, di classe o di status devono concedere privilegi. L'Italia è uno dei paesi d'Europa dove tali differenze sono apprezzate, ma non solo, altri paesi come la Francia o la Spagna la superano su questa dimensione.

Questo atteggiamento deferente verso il potere degli italiani spiegherebbe l’esistenza del diritto di immunità recentemente conquistato dal primo Ministro, inconcepibile in paesi anglo-sassoni o del nord d’Europa, e numerosi altri privilegi di cui gode la classe politica Italia. Per citare due esempi, l’Italia è il paese con il più alto numero di automobili ufficiali del mondo in termini assoluti. Nello stesso modo, in Italia non è raro per i politici continuare e riuscire nelle loro carriere, come il caso di Berlusconi, pur essendo stati coinvolti in scandali di corruzione. Non ci dovrebbe sorprendere pertanto, che la confusione tra pubblico e privato, caratteristica del regime di Berlusconi, non abbia passato fattura come si farebbe in altre società.

In un libro pubblicato di recente in Spagna, Comparazione tra Sistemi Mediatici (2008), Daniel Hallin e Paolo Mancini stabiliscono delle relazioni tra il modello mediatico di ogni paese e della sua cultura politica. L'Italia apparterrebbe al modello Mediterraneo pluralista e polarizzato. Questo modello, di cui la Spagna ne forma parte, è caratterizzato per le accentuate differenze esistenti tra i vari partiti politici. Secondo questi autori, nei paesi dell’Europa meridionale, i mezzi di comunicazione agirebbero più come espressione ideologica e come organi di mobilitazione politica rispetto ad altri paesi occidentali. A differenza di quanto accade nei paesi anglo-sassoni, nei paesi dell’Europa meridionale in generale, i media non giocano con lo stesso livello di rigore il suo ruolo di cani da guardia per la gestione del governo, che spiegherebbe la scarsa tradizione di giornalismo investigativo in questi paesi. Questa polarizzazione ideologica porterebbe all’indifferenza dei politici verso quello che dicono i media non legati ideologicamente. L'assenza di risposte alle accuse di Berlusconi dal giornale La Repubblica, L'Unità o El Pais, ne sono un chiaro esempio. Il Cavaliere è ben consapevole del fatto che sui giornalini di sinistra non ha da dove grattare elettoralmente parlando, e che la stampa è piuttosto una questione di minoranze di fronte alla televisione.

Infine, un altro fattore chiave che contribuisce a spiegare il berlusconismo è l’assenza di un atteggiamento responsabile e cittadino nel confronto di responsabilità al potere. È sintomatico che né in italiano né in spagnolo esista un equivalente preciso alla parola inglese accountability. In Italia o in Spagna non è tanto il cittadino o il contribuente (taxpayer) quello che esige i conti al potere come i partiti politici. Non è quindi strano che Berlusconi, con una sinistra indebolita, non ha sentito la necessità di affrontare la cittadinanza in televisione, come aveva fatto Clinton durante lo scandalo Lewinsky, e si è difeso attaccando i giornalisti e negando tutte le accuse.

Se ci aggiungiamo il controllo che Berlusconi esercita sulle televisioni statali e private, la situazione diventa drammatica. Tuttavia, anche se è chiaro che Berlusconi non è l'Italia, non si deve pensare che il berlusconismo ha come unica variabile la personalità del magnate dei media, ma tutta una serie di radici culturali che fanno possibile che situazioni analoghe possono presentarsi in futuro.

Per quanto riguarda la Spagna, la morale è che bisogna essere molto cauti nel criticare i vicini la cui politica e cultura dei media è molto simile a quella spagnola.

(a cura di P. M.)

giovedì 5 novembre 2009

Un vestito di Halloween "particolare"








Dalla serie 30 Rock