venerdì 28 novembre 2008

Silvio Berlusconi non vuole più che la RAI lo prenda in giro











Le Monde, 21.11.08


[articolo originale di Philippe Ridet qui]

La televisione pubblica italiana dà un’ immagine inesatta della realtà? A questa domanda, Silvio Berlusconi ha già risposto di sì. Egli le rimprovera, in questi tempi di crisi, di “diffondere l’angoscia e il pessimismo” quando invece “dovrebbe cooperare affinchè le cose migliorino”. “Farò tutto il possibile perché le televisioni non siano mediatori d’ansia”, ha spiegato qualche giorno fa.

Il suo amico e cofondatore di Forza Italia, il senatore Marcello Dell’ Utri, si è preso anche lui la libertà di fare questo commento: “In televisione, ci sono presentatori che hanno facce un po’ gotiche, un po’ cupe. Il direttore dovrebbe dare prova di un maggiore spirito di finezza”. “La RAI non è una proprietà di Berlusconi”, ha ricordato l’associazione dei giornalisti della rete pubblica.

Ma ciò che irrita più di tutto il presidente del Consiglio, sono le trasmissioni di dibattiti o di satira politica, molto numerose in Italia. “Ogni giorno, su tutti i canali, mi prendono in giro. Questa consuetudine diventa insopportabile. Deve finire”, ha rivelato. “Non andremo mai più in televisione per farci insultare”, ha detto ai suoi ministri. Un oukase piuttosto poco rispettato. Compreso da se stesso.

Martedì 18 novembre. Mentre la trasmissione di dibattito politico “Ballarò” su RAI 3 volgeva al termine, il presidente del Consiglio si è autoinvitato a telefono per sfidare uno dei suoi avversari, Antonio Di Pietro, presidente dell’ Italia dei valori (IDV), che lo aveva accusato precedentemente di essere un “corruttore politico”: “Si presenti dinanzi ad un magistrato per denunciarmi, altrimenti sarò io a trascinarla in tribunale per calunnia”.

Intrusione? Di nuovo. In passato, Berlusconi è già intervenuto a più riprese in maniera improvvisa nelle trasmissioni alle quali non era stato invitato. Pressione politica? Anche questo è un modo, per lui che possiede un impero televisivo (Mediaset), per mostrare che alla RAI è come a casa sua.

Questi cenni di nervosismo si verificano in un momento in cui Berlusconi deve far fronte alla protesta di piazza e ad una grave crisi economica. Se la sua popolarità si manteneva intorno al 60%, il presidente del Consiglio ha perso qualche punto durante le manifestazioni studentesche all’inizio di novembre contro la riforma dell’ educaziuone del ministro della pubblica istruzione, Mariastella Gelmini.

Campo di battaglia

Inoltre, la prospettiva di una lunga crisi accompagnata al rischio di un ritorno all’ “antipolitica” lo preoccupa. Essere il bersaglio di imitatori e fantasisti non è il modo migliore per diventare un giorno -è questo il suo sogno- presidente della Repubblica, una delle figure più rispettate della penisola. Tutto ciò spiega questa nuova offensiva contro la televisione pubblica e questo tentativo di controllo della sua immagine e della presentazione del suo operato. “La televisione diventa nuovamente il campo di battaglia della politica”, scrive il politologo Ilvio Diamanti nel quotidiano La Repubblica.

Per ora, si tratta solo di pressioni e di minacce. In passato, Berlusconi ha dimostrato di saper andare più lontano e più forte. Nel 2002, aveva chiesto -e ottenuto- la testa di due giornalisti, tra cui il rispettatissimo Enzo Biagi.

Alcune intercettazioni telefoniche hanno rivelato che tra il 2001 e il 2006 alcuni collaboratori Mediaset erano stati collocati alla testa della RAI per pilotare le strategie dei programmi della rete pubblica. Obiettivo: orientare l’ informazione in favore di Berlusconi.

Questi attacchi alla rete pubblica hanno luogo in un momento di grande incertezza relativa alla scelta del futuro presidente della commissione parlamentare di sorveglianza della RAI, un posto che deve ritornare all’ opposizione e che aprirà la strada ai futuri cambiamenti nella direzione delle reti.

Da luglio, i partiti di sinistra non riescono a mettersi d’accordo su un nome. Berlusconi ha dato il via libera affinché i membri di sinistra della commissione designassero un candidato di sinistra che non avesse l’ appoggio del suo partito. Il presidente del Consiglio, contento di seminare zizzania nell’ opposizione, si è, ovviamente, difeso da ogni intervento in questa questione.


(tradotto da Anna Cascone, segnalato da Patrizia)

martedì 25 novembre 2008

Lo stesso vecchio Silvio?










The Economist, 19.11.08


[articolo originale qui]

Nelle elezioni generali dello scorso aprile Silvio Berlusconi con la sua alleanza di centro-destra ha conquistato la larga maggioranza di entrambe le camere del parlamento, il che dovrebbe permettergli di arrivare alla fine del mandato nel 2013. In un altro paese, si direbbe "gli permetterá" invece di "dovrebbe permettergli". Ma siamo in Italia, dove l'unica cosa inevitabile é quella che non ci si aspetta.

Ci sono altri motivi per essere cauti. Il primo di questi é l'etá di Berlusconi: malgrado le apparenze (che sono in parte dovute alla chirurgia plastica) ha 72 anni, ha avuto un tumore e problemi cardiaci. E poi la sua maggioranza in parlamento dipende dalla Lega Nord, guidata da Umberto Bossi. Finora, Bossi e i suoi sono stati tenuti a bada con promesse di reale autonomia fiscale per il ricco Nord Italia ed un duro programma di "legge-ed-ordine" (messo in pratica da uno di loro, il ministro dell'Interno Roberto Maroni). Ma i leghisti sono ribelli naturali e Bossi ha giá minacciato una volta che, se non ottiene ció che vuole, potrebbe far andare i suoi voti all'opposizione. Inoltre, il cammino del governo si fa piú duro.


Nell' immagine: "L'Italia si smaglia". Reddito procapite in Italia (in rosso) rispetto alla media UE (in nero) durante gli scorsi anni, e previsione per il 2009.

L'economia italiana ristagnerá per tutto il 2009. E' probabilmente entrata in recessione a metá del 2008. In un mondo che si sforza per liberarsi dal credit crunch, l'Italia non sará da sola nell'avere problemi economici. Comunque, potrebbe essere meglio piazzata rispetto ad altri paesi

Comunque, in maniera molto pi ú sentita rispetto a gran parte degli altri paesi ricchi, i problemi dell'Italia sono strutturali piú che ciclici. E' ormai una tradizione consolidata il fatto che quando il resto dell'Unione Europea cresce, l'Italia cresca di meno; e quando le economie degli altri paesi UE si contraggono, l'Italia si contrae di piú. Il risultato é che un paese che era una volta largamente ammirato per il suo dinamismo e la sua inventiva sta gradualmente ma inesorabilmente diventando piú povero dei suoi vicini.

Se vogliono invertire la tendenza, gli Italiani devono iniziare a mettere in pratica le riforme che hanno rimandato per una decade o anche piú. Alcuni dei ministri di Berlusconi si rendono conto della loro urgenza. Ma potranno contare sull'aiuto del loro capo quando inizieranno la controffensiva? Berlusconi deve ancora dimostrare di saper imporre una riforma economica. Il suo ruolo nel fiasco dell'Alitalia del 2008, mettendo insieme una cordata per difendere "l'italianitá" della compagnia in fallimento, ha dimostrato che, in sostanza, é un nazionalista, populista ed intervenzionista. Non ci sono molte possibilitá che questo cambi nel 2009.

(segnalato da Pina T.)

venerdì 21 novembre 2008

Bisogna cambiare






The Economist, 13.11.08

[articolo originale qui]

“TUTTA LA VITA DAVANTI”, un recente film italiano, si apre con la voce di una giovane donna che sostiene la propria tesi di laurea. La telecamera si sofferma su un volto solcato da rughe dopo l'altro, finché diventa chiaro che l'intera commissione é formata da ottuagenari - ed un risolino di cinica intesa si spande per l'audience del cinema.

L'etá della pensione per i professori universitari é di 72 anni. Mariastella Gelmini, ministro dell'educazione nel governo di destra di Silvio Berlusconi, sta pensando di ridurlo a 70. E questa é solo una delle tante riforme che sta cercando di fare ad uno dei settori peggio amministrati, dalla peggiore qualitá e dalla piú alta corruzione d'Italia.

Le universitá italiane non ricevono fondi in eccesso. Secondo i rapporti della OECD sui paesi ricchim ogni studente nel 2005 costa circa $8,026 (6400 EUR, ndr), ben al di sotto della media di $11,512 (9200 EUR, ndr). Ma questa stima non tiene in considerazione le universitá private. E pochi critici pensano che l'insufficienza dei fondi sia il piú grande problema delle universitá pubbliche.

La gran parte degli Italiani se la prende invece con lo strapotere dei baroni, o professori in carica con potere accademico di vita e di morte. Molti trattano le proprie facoltá come fossero di loro proprietá. Nepostismo e favoritismi regnano: solo in questa settimana é venuto fuori il caso di un rettore che, il giorno prima di andare in pensione il 31 ottobre, ha firmato un decreto per rendere suo figlio un professore. Una ricerca di studenti all'Universitá di Napoli Federico II ha trovato che il 15% dei professori ha un parente nello staff universitario. Nell'universitá di Palermo 230 insegnanti hanno vincoli di parentela o amicizia con altri insegnanti.

La creazione di posti di lavoro per parenti e amici ha aiutato a gonfiare il numero degli accademici italiani. Secondo la Gelmini, bandi per 13.000 posti junior sono stati annunciati, ma 26.000 ne sono stati assegnati. Questa situazione cronica ha anche portato alla proliferazione di corsi e dipartamenti. In Italia ci sono 37 corsi con un singolo studente; 327 facoltá ne hanno meno di 15.

Nelle universitá italiane si fa anche ricerca di valore ed ottimo insegnamento, ma la situazione piú comune é un'uniforme mediocritá. Nessun istituto italiano é entrato nella top 100 delle migliori universitá del mondo del Times. I baroni hanno considerevole influenza sul governo, in particolare sul centro-sinistra, e lo hanno usato per seppellire gran parte delle tentate riforme.

Il bisogno di un cambiamento é oramai impellente. Cinque universitá sono in bancarotta. Il sistema nella sua interezza é chiaramente un fallimento dal punto di vista economico. Solo il 17% degli italiani tra 25 e 34 anni sono laureati, in confronto alla media OECD del 33%. La ragione principale é uno schockante tasso di abbandono del 55%, il piú alto tra i paesi ricchi.

Ritenendo che si chiedesse agli studenti di restare in universitá troppo a lungo, il governo Berlusconi precedente aveva introdotto corsi opzionali di tre anni. Ma i datori di lavoro affermano che i laureati triennali non sono abbastanza capaci. Le universitá non formano abbastanza in un tempo ragionevole.

Gran parte dei decreti della Gelmini sará inclusa in due decreti che devono ancora venire formalmente pubblicati. Ma giá in questo mese la Gelmini ha ottenuto il supporto del governo per una prima iniziativa per modificare il processo di selezione per professori universitari e ricercatori per cercare di prevenire gli abusi; per mettere da parte piú soldi per borse di studio e alloggi per gli studenti; e per mitigare gli effetti di un precedente decreto taglia-fondi aumentando il numero di insegnanti e ricercatori che possono essere assunti per ciascuno che va in pensione.

Tutto ció potrebbe sembrare una buona notizia per studenti ed insegnanti, ma gli studenti stanno protestando per tutto il paese. Questa settimana i principali sindacati hanno pianificato uno sciopero nazionale, anche se uno di essi si é ritirato all'ultimo minuto. L'opposizione afferma che nessun vantaggio si puó ricavare da riforme che riducono i fondi. Ma il governo risponde che il tasso delle nascite bassissimo ha creato quello cha la Gelmini chiama una "opportunitá storica" per alzare la qualitá spendendo meno. I suoi piani meritano almeno di essere ascoltati.

mercoledì 19 novembre 2008

Crisi in stile Berlusconi












El País, 2.11.08


[articolo originale di Miguel Mora qui]

Se l'Italia ha un vantaggio é che si tratta di un paese in cui tutti parlano e tutto si pubblica alla velocitá della luce. L'amore per la confusione comporta un piccolo supplemento di stress per noi corrispondenti, che molte volta vendiamo ai nostri capi una notizia alle 10 di mattina e alle 3 di pomeriggio giá stiamo richiamando per correggerla o fare marcia indietro. Questo accade soprattutto con le dichiarazioni del primo ministro, Silvio Berlusconi, questo mago della retorica capace di affermare una cosa con totale nonchalance davanti alle telecamere per smentirla con la stessa eleganza un paio d'ore dopo se decide che quello che ha detto non é stato accolto come sperava.

Il motivo di questa introduzione é che la crisi, vista dall'Italia, si sta rivelando come una vera cascata di rivelazioni, notizie e smentite. In queste settimane, Berlusconi si é dedicato a fondo a cavalcare il cavallo della finanza. Ha viaggiato a Bruxelles, in Cina, negli Stati Uniti (ha avuto addirittura tempo per riprendersi in un centro benessere in Umbria), ed ha anticipato ogni giorno risposte, tendenze, possibili movimenti.

Il Cavaliere é stato il primo a parlare di una possibile chiusura temporanea dei mercati - per essere smentito ipso facto nientemeno che dalla Casa Bianca, anche se seguita da alcuni premi Nobel -, il primo a suggerire che ci sarebbe bisogno di una nuova Bretton Woods e il primo che diede l'allarme sull'entrata in massa di fondi dei sovrani arabi nelle borse europee.

Inoltre, ha tentato di calmare il panico con un paio di frasi molto forti ("la crisi non interesserá l'economia reale", "i soldi sono piú al sicuro nelle nostre banche che sotto il materasso") e ha fatto anche da broker occasionale, incitando la gente a comprare azioni dell'Eni e dell'Enel "adesso che sono molto al di sotto del loro prezzo reale". Senza perdere il sorriso, si é riunito ieri notte con il suo team economico per preparare un piano di capitalizzazione delle banche, per poi assicurare subito dopo che non ci sará bisogno di usarlo perché l'Italia ha il settore piú solido d'Europa.

"Il Fondo Monetario ha fallito", ha affermato a Pechino. "Adesso tocca al G-20".

Aspettando che il tempo dia o meno ragione al Cavaliere, sarebbe opportuno ricordare che l'economia italiana continua a stare nel G-8. E' a malapena cresciuta negli ultimi 10 anni, ha il terzo debito pubblico piú alto del mondo, paga le tasse piú care d'Europa, sfoggia il maggior tasso di evasione fiscale dell'UE (100 miliardi di euro l'anno) ed ha un 20% di economia sommersa. Ma la nave va.

Se ció non bastasse, il Ministero degli Interni calcola che la fatturazione della 'Ndrangheta, la mafia calabrese, abbia raggiunto i 40 miliardi di euro nel 2007: il 3% del PIL. Sommandola a camorra, cosa nostra e sacra corona unita si arriva al 9%.

Intanto la vita continua. Un servizio della Charitas segnala che ci sono 15 milioni di persone in Italia che vivono al di sotto o appena al di sopra della soglia di povertá, con 550 euro al mese. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, l'Italia é in recessione. Perderá quest'anno lo 0,2% del PIL e 0,5% l'anno prossimo.

Ma é come se tutto fosse una manciata di noccioline per il bel paese dipinto dal Cavaliere. Al suo fianco, Zapatero sembra un depresso. Godiamoci questo modo furbo e ottimista di vedere le cose. Non é forse vero che l'Italia dá il meglio di sé nei peggiori momenti?


(segnalato da Carolina)

mercoledì 12 novembre 2008

Berlusconi gode dell'aiuto dello Stato












The Financial Times, 18.10.08


[articolo originale di Guy Dinmore qui]

ROMA: Le banche e i mercati stanno subendo un tracollo ma la crisi giova a Silvio Berlusconi, premier italiano, il cui modo di trattare i media si avvicina ai livelli di adulazione della Corea del Nord dal momento che il suo governo esercita un’autorità mai vista da anni.

Il primo ministro ha dichiarato sulle prime pagine dei quotidiani italiani che “l’aiuto statale, che fino a ieri era considerato peccato, oggi è assolutamente essenziale”, insieme alle promesse di denaro per l’industria automobilistica e altre imprese.

Ilvio Diamanti, sociologo, afferma: “Disonorevole negli anni ’80, ignominioso negli anni ’90, lo stato è ritornato… come garante, salvatore, esibito a mo’ di icona, immagine sacra”.

Mentre le banche, come all’estero, gli crollavano intorno, l’onorevole Berlusconi ha coltivato un’immagine di calma e controllo, monitorando persino un centro termale umbro e amministrando società per azioni: grosse società con ampia partecipazione statale.

Un articolo a più colonne de Il Giornale, colosso dell’informazione a conduzione familiare, ha celebrato il suo 72esimo compleanno. Ossequi da parte degli amici, a capo dei quali Vladimir Putin, il premier russo.

Sembra che agli italiani piaccia. Un sondaggio conferisce all’onorevole Berlusconi il 62% della fiducia questa settimana, la percentuale più alta da quando ha sconfitto la coalizione di centro-sinistra lo scorso aprile e da quando è in carica per la terza volta. “Francamente, è imbarazzante”, ha dichiarato il primo ministro.

I conservatori hanno attribuito a Berlusconi di aver tenuto testa alla crisi europea e a Giulio Tremonti, ministro delle finanze, di averla prevista. Persino alcuni atteggiamenti dell’Italia ritenuti inizialmente dannosi - la pesantezza delle banche, la riluttanza dei consumatori di chiedere prestiti e l’economia poco promettente – sono stati esaltati. Il “salvataggio” dell’Alitalia dalla bancarotta condotto dallo stato ha confermato nuovamente l’efficacia della direzione italiana.

Nonostante la sua immagine di imprenditore liberale, l’onorevole Berlusconi, dicono i critici, è nel posto in cui si sente più a sua agio, alla direzione dei mercati e dei settori chiave attraverso lo stato, con l’Alitalia che ne è l’esempio più significativo. La compagnia aerea in perdita è stata consegnata ad un gruppo di imprenditori italiani escludendo la possibilità di acquirenti stranieri, modificando le leggi sull’antimonopolio e presentando un conto miliardario ai contribuenti.

L’onorevole Berlusconi dichiara di voler cambiare le regole per garantire alle società italiane in difficoltà maggiore protezione contro le ostili fusioni straniere, spingendo Tito Boeri, economista, a chiedersi “ostile nei confronti di cosa” – gli azionisti, la società o lo stato?

L’onorevole Diamanti sostiene che questo nuovo stato verrà in soccorso alle banche e ai mercati azionari ma non alle scuole e al welfare.

L’autorità statale si è manifestata attraverso il dispiegamento delle forze dell’ordine per far fronte alla crisi dei rifiuti a Napoli e per combattere la microcriminalità e gli sbarchi clandestini.

La più lunga luna di miele dell’onorevole Berlusconi potrebbe tuttavia essere abbreviata. A Milano, è stato riaperto ieri il proceso a David Mills, un esattore inglese accusato di essere stato corrotto da Berlusconi per nascondere conti correnti illegali. Entrambi hanno negato l’accusa.

Il primo ministro si è servito della solida maggioranza parlamentare per assicurarsi l’immunità durante il suo mandato.

(tradotto da Anna Cascone)

domenica 9 novembre 2008

Ok, lo scherzo é finito!










The Guardian, 9.11.08


[articolo originale di Phil Gayle qui]


La gaffe di Silvio Berlusconi sull”abbronzatura” di Barack Obama è stata qualcosa di più di un’innocente battuta umoristica. Non c’è da stupirsi se nessuno ride.

Silvio Berlusconi può essere uno sciocco, ma non è uno stupido. Miliardario che si è fatto da sé, e politico incomparabile, ha creato un suo partito ed ha sconfitto i radicati interessi di una delle democrazie mondiali più labirintiche per diventare il Primo Ministro Italiano. Ha realizzato tutto ciò mentre contemporaneamente gestiva un impero mediatico e numerose aziende, inclusa la squadra del Milan, e riuscendo a restare fuori dalle galera mentre combatteva in diverse cause legali in cui era accusato di corruzione. Un uomo in grado di fare tutto questo nel Paese di Machiavelli è tutt’altro che idiota.

Quindi che cosa dice di lui e della società dalla quale lui scaturisce il fatto che non veda nulla di sbagliato nel prendersi gioco del colore della pelle del prossimo presidente degli Stati Uniti, che ha chiamato “giovane, bello ed abbronzato”? I suoi detrattori dovrebbero imparare ad avere il senso dell’umorismo, dice. Forse ha ragione. L’umorismo è un modo fantastico per colpire i mostri sacri. Molte volte ridiamo quando la giustapposizione comica attira la nostra attenzione sull’assoluta bizzarria o la mancanza di plausibilità di una situazione. Ma Berlusconi, cosa ci trova di così buffo nell’elezione di un nero alla più alta carica americana?

E’ difficile pensare che il leader di una nazione possa affermare qualcosa di così stupido su un altro, ancor meno su qualcuno in attesa di assumere il potere negli Stati Uniti. Ma Berlusconi non è come gli altri leader. Questo è l’uomo la cui campagna elettorale, nel 1996, notoriamente incluse la dichiarazione secondo cui i Cinesi “bollivano i neonati per fare il fertilizzante” durante l’epoca di Mao.

Forse Berlusconi, pur rispettando la carica di presidente, pensa che vada comunque bene prendere un po’ in giro Obama: rilassatevi, gente, è solo uno scherzo. Il ragazzo sta per diventare presidente, ma comunque è solo un uomo. Questo è il testo. Ma qual è il messaggio implicito? E’ sempre lo stesso: Rilassatevi, questo tizio può essere un presidente (o un vescovo, un calciatore di fama o un accademico), ma è comunque solo un nero.

Battute come queste riguardano la posizione sociale ed il potere. George Bush può dire "Yo, Blair" (un modo di salutare popolare ed informale N.d.T.) perché è il presidente della nazione più potente del pianeta e Blair no. Berlusconi può scheraze sull”abbronzatura” di Obama perché lui è bianco e Obama no.

Per essere giusti, le cronache fanno notare che i commenti di Berlusconi sono stati condannati dai suoi connazionali. Ma le critiche riferite venivano dagli avversari politici. Berlusconi, sempre uomo di spettacolo, recitava scavalcandoli, rivolto ad un pubblico che lo ha eletto tre volte alla guida del Paese.

Molti, fra coloro che leggeranno questo articolo, lo valuteranno allegramente come lo sproloquio dell’ennesimo nero. Ma solo tre settimane fa i vicesceriffi hanno arrestato due sostenitori della supremazia dei bianchi sospettati di star tramando l’assassinio del candidato alla presidenza nero. Penserete mica che ora che la sua elezione è stata confermata I “sudisti” abbasseranno i fucili e faranno il saluto? La ricerca più popolare su Google, in questo monento, è "assassinate Obama". Solo uno sciocco o un ostinato ottimista potrebbe credere che questa sia la sola cospirazione che c’è in circolazione.

 (a cura di Cristina Cassinelli)

venerdì 7 novembre 2008

Berlusconi nella bufera per l'affermazione razzista su "Obama abbronzato"









The Times, 6.11.08


[articolo originale di Richard Owen qui]


Silvio Berlusconi, il premier italiano incline alle gaffes, si é oggi ritrovato accusato di razzismo dopo aver chiamato Barack Obama "abbronzato".

Mentre parlava a Mosca ad una conferenza stampa con il presidente Medvedev, Berlusconi ha detto che l'elezione di Obama é stata "acclamata dall'opinione pubblica mondiale come l'arrivo di un messia".

Ha aggiunto: "Proveró ad aiutare le relazioni tra la Russia e gli Stati Uniti, dove una nuova generazione é salita al potere. Non vedo problemi per Medvedev nello stabilire buone relazioni con Obama, che é bello, giovane e abbronzato".

Berlusconi ha affermato che il suo era un complimento, e coloro che non l'hanno capito sono "imbecilli".

Prima ancora Berlusconi, settantaduenne, aveva affermato che potrebbe offrire ad Obama dei consigli sulla politica, vista la sua etá e la sua esperienza. Il leader italiano stesso sfoggia un'abbronzatura permanente, ed é ricorso alla chirurgia plastica tentando di sembrare piú giovane.

Dario Franceschini, un deputato di centro-sinistra, ha chiesto a Berlusconi di scusarsi con Obama ed evitare di mettere in imbarazzo l'Italia in futuro con dichiarazioni "di cattivo gusto".

Ha detto che il colorito premier italiano e magnate dei media "dimentica che le sue parole influiscono sull'immagine del nostro paese nel mondo". Ha poi aggiunto: "Dire che il presidente degli USA é giovane, bello ed abbronzato suonerá offensivo alle orecchie di molti per la sua pericolosa ambiguitá".

Walter Veltroni, leader dell'opposizione, ha detto: "Uno statista non puó permettersi di raccontare barzellette da cabaret mentre é all'estero. Berlusconi sta seriamente danneggiando l'immagine e la dignitá del nostro paese." Massimo Donadi del partito di centro-sinistra dell'Italia dei Valori ha detto che l'uscita "infelice" di Berlusconi ha rivelato il "razzismo nascosto" del centro-destra.

Le precedenti gaffes di Berlusconi includono il far notare ad alcuni imprenditori durante una gita negli USA che l'Italia sia un ottimo paese dove investire "perché oggigiorno ci sono meno comunisti ed abbiamo delle belle segretarie, ragazze splendide".

Dopo aver incontrato il primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen nel 2002, Berlusconi lo descrisse come "il piú bel primo ministro d'Europa", e suggerí che avrebbe dovuto avere una storia con sua moglie, l'ex-attrice Veronica Lario.

Nel 2005 Helsinki domandó spiegazioni quando Berlusconi disse di aver usato "tattiche da playboy" per convincere il presidente finlandese Tarja Halonen a dare il suo supporto perché l'Italia diventasse il sito dell'autoritá europea per il controllo degli alimenti.

(segnalato da Ronan)


mercoledì 5 novembre 2008

Tagli spietati










Nature, 16.10.08

Nel tentativo di accrescere un’economia barcollante, il governo italiano si sta focalizzando su obiettivi semplici ma insensati

[articolo originale qui]

Sono tempi bui e collerici per gli scienziati italiani, i quali devono vedersela con un governo che mette in atto la sua particolare filosofia sui tagli delle spese. La settimana scorsa, decine di migliaia di ricercatori sono scesi in piazza per manifestare contro il disegno di legge che controlla il bilancio pubblico. Se dovesse passare, come si prevede, la legge liquiderebbe quasi 2000 ricercatori precari, i quali costituiscono la spina dorsale della maggior parte degli istituti di ricerca del paese a corto di personale - e di cui circa la metà è stata già selezionata per contratti a tempo indeterminato.

Proprio quando gli scienziati stavano protestando, il governo di centro-destra di Silvio Berlusconi, che è salito al potere a maggio, ha decretato che il budget delle università e della ricerca potrebbe essere utilizzato come fondo per consolidare le banche e gli istituti di credito italiani. Questa non è la prima volta che Berlusconi prende di mira le università. Ad agosto, ha firmato un decreto che taglia il budget universitario del 10% consentendo che solo 1/5 delle posizioni accademiche vacanti venga ricoperto. Questo decreto porta le università a trasformarsi addirittura in fondazioni private per fare affluire entrate aggiuntive. Visto l’attuale clima, i rettori delle università credono che quest’ultima mossa verrà utilizzata per giustificare ulteriori tagli ai fondi e alla fine saranno obbligati a chiudere i corsi che hanno poco valore commerciale, quali gli studi umanistici e le scienze di base. Mentre questa bomba si abbatteva all’inizio delle vacanze estive, solo adesso ci si accorge delle conseguenze - troppo tardi, visto che il decreto ora sta per diventare legge.

Nel frattempo, il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Mariastella Gelmini, ha taciuto sui problemi legati al suo ministero tranne che sulla scuola secondaria, e ha preso importanti e rovinose decisioni di governo senza sollevare obiezioni. Si è rifiutata di incontrare scienziati e universitari per ascoltare le loro preoccupazioni e si è rifiutata di spiegargli le linee guida che richiedono il loro sacrificio. E non è riuscita a delegare un sottosegretario che si occupasse di tali questioni al posto suo.

Le organizzazioni scientifiche colpite dalla legge sul bilancio pubblico sono state invece ricevute dal legislatore Renato Brunetta, ministro della pubblica amministrazione e innovazione. Brunetta afferma che si può fare poco per fermare o cambiare la legge- sebbene se ne stia ancora discutendo nella commissione e stia ancora per essere votata dalle camere. In un’intervista per un quotidiano, Brunetta ha anche paragonato i ricercatori a capitani di ventura, ossia avventurieri mercenari del Rinascimento, sostenendo che sottoporli a contratto a tempo indeterminato sarebbe “un po’ come ucciderli”. Questo distorce la questione che i ricercatori gli hanno spiegato - e cioè che ogni base scientifica del paese richiede un rapporto equilibrato tra personale permanente e personale temporaneo, in modo che quest’ultimo (ad esempio i post-dottorati) circoli in laboratori di ricerca solidi, ben attrezzati e permanenti. In Italia, gli scienziati hanno tentato di dire a Brunetta che questo rapporto è diventato molto instabile.

Al governo Berlusconi può sembrare che queste misure draconiane risultino necessarie ma i suoi attacchi alla ricerca italiana sono insensati e miopi. Il governo ha trattato la ricerca solo come un’altra spesa da tagliare, quando invece essa è vista di gran lunga come un investimento nella costruzione di una economia cognitiva nel XXI secolo. Infatti, l’Italia ha già abbracciato questo concetto firmando nel 2000 a Lisbona l’agenda dell’Unione Europea, in cui gli stati membri si sono impegnati ad incrementare i fondi per la ricerca e lo svilupp (R & S) del 3% sul prodotto interno lordo. L’Italia, membro del G8, possiede la spesa più bassa per l’ R & S - appena l’ 1.1%, meno della metà rispetto alla Francia e alla Germania.

Il governo deve guardare al di là dei profitti a breve termine determinati da un sistema di decreti semplificato da ministri compiacenti. Se vuole preparare un futuro realista per l’Italia, che è quello che dovrebbe fare, non dovrebbe guardare inutilmente al lontano passato bensì capire come la ricerca funzioni attualmente in Europa.

(tradotto da Anna Cascone)

lunedì 3 novembre 2008

La strada e la sinistra si mobilitano contro Berlusconi






Le Monde, 24.10.08

[articolo originale di Philippe Ridet qui]

Fino a questo momento ha fatto tutto quello che ha voluto o quasi. Da quando è stato eletto presidente del cosiglio italiano, Silvio Berlusconi ha imposto il ritmo e i temi della vita politica italiana senza dover temere che nessuno lo facesse cadere dal piedistallo dal quale comandava, forte di un indice di popolarità del 60%. La strada? Muta, al punto che il regista Nanni Moretti ha parlato di “sparizione dell’opinione pubblica”. La crisi ? Attraversata senza danni per la sua immagine, dando consigli di borsa ai piccoli azionisti (« non vendere ») e assicurando le banche (« lo Stato garantirà il risparmio »). La sinistra? Troppo debole, troppo divisa per competere.

Oggi la strada si risveglia. Da qualche giorno, decine di migliaia di professori, di studenti universitari, di liceali marciano quotidianamente per le vie delle grandi città contro la riforma del ministro dell’istruzione, Mariastella Gelmini. La riforma prevede dei tagli per diversi miliardi di euro e la soppressione di 140 000 posti nei prossimi anni. Le manifestazioni sono diventate più violente a causa di scontri con la polizia, specialmente a Milano.

Il Cavaliere ha minacciato di fare intervenire la polizia per fare evacuare i contestatori che bloccano i licei e le università. Ma queste dichiarazioni marziali non hanno dissuaso gli studenti dal rinunciare alla loro azione. Al contrario : “Non solamente la mobilitazione continua, ma aumenta. Ormai è la società nel suo insieme che si rende conto che il governo sta mettendo in pericolo lo sviluppo economico del paese”, afferma un comunicato dell’Unione degli studenti italiani (UDU). Due scioperi sono annunciati: il 30 ottobre nelle scuole e nei licei; il 14 novembre nelle università. Giovedì 23 ottobre, Berlusconi ha smentito tutti i progetti di ricorrere alla forza, e Gelmini si è detta pronta a ricevere i sindacati e i genitori degli studenti. Un primo tentativo di dialogo?

A causa dei discorsi e delle paure che questa contestazione possa avere un effetto estremamente negativo sui suoi buoni sondaggi, Berlusconi se l’è presa con i suoi soliti bersagli: media e centro-sinistra. Accusa i primi di “diffondere angoscia” e di falsare le notizie, e i secondi di cercare nelle strade la rivincita per il fallimento ottenuto alle urne durante le passate elezioni d’aprile.

Questo è un presidente. Dopo aver preso in giro il suo principale avversario, il presidente del consiglio sembra riconoscergli un ruolo d’oppositore che fino a quel momento rifiutava di accordargli. Reso inascoltabile e umiliato a causa della sconfitta di aprile, il centro pare ritrovare una visibilità e una credibilità che i sondaggi non traducono ancora. Walter Veltroni, segretario generale del Partito Democratico, dopo numerosi tentennamenti, sembra aver trovato la via di un’opposizione risoluta che non esclude la possibità del dialogo. Avendo ritrovato il suo ruolo di primo oppositore al presidente del consiglio, Veltroni ne deve portare la prova in cifre rassemblando un milione di persone –obiettivo ambizioso che lui stesso si è fissato-, sabato 25 ottobre, a Roma, contro la politica di Berlusconi. Un numero che le capacità di mobilizzazione dell’apparato e un conteggio generoso dovrebbero permettergli di raggiungere.

LA NOVITA’

Per arrivare là, Veltroni ha dovuto vincere la reputazione di uomo indeciso. Dopo aver sopportato senza troppo ribattere le critiche del suo principale alleato, Antonio Di Pietro, leader del partito de l’Italia dei valori (IDV), che gli contestava la leadership dell’opposizione in nome di una visione più intransigente dell’antiberlusconismo, l’ex sindaco di Roma ha rotto la sua alleanza. Una maniera di chiarire la linea del partito e di ancorarsi al centro sinistra. “Collaboratore”, gli ha risposto Di Pietro.

Il successo di questo rassemblamento non significa necessariamente la fine delle contestazioni per Veltroni. Descritto dai media vicini al potere come un uomo esitante e poco carismatico, il segretario generale del PD deve competere con un’opposizione interna estremamente attiva. Alcuni del partito, tra cui l’altro peso massimo, Massimo D’Alema, non esitano a scommettere su una dura scofitta del PD alle elezioni europee, e alle conseguenti dimissioni del suo attuale segretario generale.

Berlusconi, che conosce le ambizioni umane e gli arcani della politica italiana, lo sa meglio di chiunque altro. La coalizione delle contestazioni – una novità dalla sua elezione – può ancora rompersi sotto la pressione delle divisioni interne dei suoi oppositori.


(a cura di Enrico Favaro)